“Quei conti non tornano”

Sette ragazzi su dieci in Italia riescono a liberarsi dalla droga. Dopo un percorso di recupero tornano a una vita normale, trovano un lavoro onesto e si fanno una famiglia tutta loro. La percentuale è addirittura del 72 per cento. Un dato che dovrebbe rallegrare gli operatori e spingerli a carpire i segreti di tanto successo. Ma non è così, perché i dati di questione vengono dalla Comunità di San Patrignano, e da una ricerca che fa discutere. Il 20 settembre scorso, infatti, in occasione di una conferenza stampa per il decennale della scomparsa di Vittorio Muccioli, la Comunità ha anticipato alcuni risultati di uno studio condotto dai sociologi Giorgio Manfrè e Giuliano Piazzi dell’Università di Urbino e dal tossicologo Aldo Polettini dell’Università di Pavia. Secondo la ricerca “Oltre la comunità”, finanziata dal Ministero del Welfare e dal Dipartimento antidroga e disponibile in un volume di Franco Angeli da novembre, il metodo San Patrignano non solo funziona ma garantisce risultati senza precedenti a livello mondiale.

Attraverso l’analisi tossicologica dei capelli e i questionari-intervista, gli studiosi hanno analizzato 511 soggetti che hanno trascorso almeno tre anni nella comunità e che l’hanno lasciata tra il 2000 e il 2002. L’obiettivo era valutare il loro decorso dopo l’uscita dalla comunità e le condizioni di vita “drug free”. Risultato: per più di 200 di loro è emerso un tasso medio di esiti positivi del 72 per cento a distanza di due, tre e quattro anni, con picchi del 78 per cento fra coloro che hanno completato il programma d’accordo con la comunità. Altro dato emerso è quello della ritenzione in trattamento, cioè la percentuale di persone che proseguono nel percorso anche dopo aver finito il programma stabilito: il 66 per cento dopo un anno di comunità, il 53 per cento dopo due anni e il 45 dopo tre anni continuano senza interruzioni. I dati, però, sono stati giudicati inattendibili scientificamente dalla Consulta delle associazioni scientifiche e delle organizzazioni professionali nel campo delle dipendenze patologiche, le cui perplessità sono state esposte in una lettera agli autori della ricerca. “Ci siamo espressi ancor prima di vedere il volume perché i dati, peraltro non presentati in un convegno scientifico, sono fuorvianti”, spiega Paolo Jarre, coordinatore della Consulta. Non si spiega bene come sia stato scelto il campione dei 511 soggetti. Inoltre la percentuale di successo del 72 per cento riguarda solo una parte di esso, quelli che sono stati rintracciati e che si sono prestati all’analisi”. E la restante parte? “Sono probabilmente quelli che hanno il decorso peggiore e che devono essere conteggiati tra gli esiti negativi”, continua Jarre, che indica altre lacune della ricerca: “Non si può considerare la ritenzione in trattamento un fattore di efficacia. In tutte le comunità terapeutiche, i trattamenti vanno da uno a due anni. Il fatto che qui molti ragazzi restino più di tre anni indica che San Patrignano dà protezione, trattiene, ma non restituisce alla società dei giovani autonomi”.

Perplessità anche sull’uso dell’analisi dei capelli che, secondo la Consulta, non rileva l’utilizzo di sostanze come alcol, metamfetamine, allucinogeni, anfetamine, tabacco né l’eventuale viraggio su altre dipendenze patologiche come il gioco d’azzardo. Le critiche della Consulta sono però premature, secondo Aldo Polettini, che ha così risposto alla lettera degli esperti. “Il nostro obiettivo era vedere come stanno a distanza di 2-4 anni i soggetti che hanno lasciato la Comunità dopo aver concluso positivamente il programma terapeutico”, spiega il tossicologo. “Il campione dell’indagine è rappresentato da 408 soggetti usciti con il consenso della Comunità dopo almeno tre anni, e da 103 persone che, pur avendo soggiornato almeno 3 anni, sono invece uscite senza il consenso del centro. L’analisi di questo secondo gruppo serviva a capire il valore prognostico di questa durata di soggiorno al di là della valutazione della Comunità relativamente all’esito del programma terapeutico”. La percentuale di successo del 72 per cento, precisa Polettini, si riferisce proprio al primo gruppo, in particolare al 61 per cento dei 408 che ha partecipato alla ricerca, vale a dire 249 soggetti. Il restante 13 per cento non era rintracciabile mentre nell’altro 26 per cento dei casi i soggetti si sono rifiutati di prendere parte all’analisi.

“La percentuale di partecipazione nel gruppo dei 103, usciti dalla CT senza consenso, è stata del 39 per cento e la percentuale di ricaduta nella droga del 51 per cento”, continua Polettini, “Per quanto riguarda le obiezioni della Consulta sulla ritenzione in trattamento e sulla durata del programma di recupero, non hanno alcun rilievo sulla validità scientifica della nostra ricerca. Infine, per rispondere ai dubbi sollevati sull’esame tossicologico svolto, le sostanze ricercate nei capelli sono state gli oppiacei, cocaina e metaboliti, metadone, amfetamine, e cannabinoidi. I valori in base ai quali il campione è stato considerato sono stati volutamente contenuti, cinque volte più bassi di quelli delle analisi dei capelli con validità medico-legale, proprio per evidenziare anche l’esposizione occasionale alle sostanze ricercate”. Per dirimere la controversia, la Consulta chiede ora che la ricerca sia sottoposta al giudizio di un giurì scientifico internazionale.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here