Categorie: Società

Racconti capitali

Sandro Veronesi
Occhio per occhio. La pena di morte in quattro storie
Bompiani 2006 (1° ed. Mondadori 1992), pp.361, € 16,00

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“Ora, può darsi che il supplizio più grande e più forte non stia nelle ferite, ma nel sapere con certezza che, ecco, tra un’ora, poi tra dieci minuti, poi tra mezzo minuto, poi adesso, ecco, in quell’istante, l’anima volerà via dal corpo e tu non esisterai più come uomo, e questo ormai con certezza; l’essenziale è questa certezza. […] La punizione di uccidere chi ha ucciso è incomparabilmente più grande del delitto stesso. L’omicidio in base a una sentenza è incomparabilmente più atroce che non l’omicidio del malfattore”. In questa violenta requisitoria contro la pena di morte si racchiude l’essenza del messaggio che percorre l’intero lavoro di Veronesi. Protagoniste dell’inchiesta giornalistica sono quattro storie sul diritto alla vita quale “fondamento di ogni altro diritto”.

Nell’hotel Acropol in Sudan muoiono in un attentato terroristico alcune persone i cui destini sembrano “sfiorarsi talvolta ritrovarsi per poi perdersi di nuovo”. I terroristi palestinesi condannati a morte vengono graziati dai parenti delle vittime, la cui religione prevede una somma compensatoria come riparazione di un’offesa subita. D’un tratto sei colpi di fucile nel penitenziario di Tucheng a Taiwan sembrano assordarci: tre ragazzi scontano la loro condanna a morte per aver “minacciato l’ordine sociale e lo sviluppo economico del paese” a causa dell’ingente riscatto richiesto per il rapimento del figlio di un facoltoso imprenditore durato ventiquattro ore a seguito delle quali l’ostaggio è stato rilasciato illeso. I tre avrebbero restituito anche il riscatto quasi per intero, senza riuscire però a evitare l’esecuzione.

“E’ inverno e Voronež è tutta un campo gelato, un continuo scivolone: i ‘cristalli’ della Achmatova, sui quali si muove incerto il passo”. Siamo in Unione Sovietica, un ventitreenne fermato in un bosco con un suo amico e trovato in possesso di vecchie armi malfunzionanti viene accusato di “associazione mafiosa a scopi antisovietici” e condannato a morte. Non c’è nulla che sembra poterlo salvare, ma un colpo di scena poi  riaprirà la speranza. Il tempo di girar pagina e ci troviamo proprio lì nella stanza verde. È nauseante l’odore di morte e forte la sensazione che attanaglia lo stomaco. Un destino segnato da rinvii, richieste di revisione, sospensioni e appelli respinti. Il protagonista questa volta è un uomo condannato a morte nel 1979 per l’omicidio di due adolescenti. Dopo quattordici anni di attesa la sua condanna alla camera a gas viene eseguita.

Ecco, di fronte ai racconti di Veronesi le disquisizioni da salotto sull’iniquità della pena di morte appaiono improprie e sconvenienti. Forse la ricchezza di questo libro sta anche nel dono di questa rinnovata consapevolezza.

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