Il viaggio (troppo veloce) dall’atomo all’Io

Gianpaolo Bellini (a cura di)

Dall’atomo all’Io – Avventure alle frontiere della scienza

Hoepli – pp. 287 – € 19.90

Esiste oggi in Italia una popolazione di giornalisti scientifici ben preparati e capaci di comunicare in modo accattivante e comprensibile le idee che guidano lo sviluppo della conoscenza contemporanea. Così sostiene Giovanni Caprara, presidente dell’UGIS (Unione Giornalisti Italiani Scientifici) , nella prefazione al volume curato da Gianpaolo Bellini. Tuttavia se, come dice Caprara, i giornalisti dovrebbero rifuggire dalla superficialità dell’informazione, gli scienziati dovrebbero abbandonare sia l’illusione di riuscire a rendere comprensibili in poche pagine argomenti realmente difficili sia la speranza che questi possano essere dominati con poca fatica (e poca preparazione) da parte del lettore.

In questo volume l’astrofisico Piero Benvenuti, il genetista agrario Carlo Soave, il biologo sperimentale Paolo Tortora e il neurologo Mauro Ceroni espongono, ciascuno dal proprio punto di vista, lo stato dell’arte delle loro discipline ricordandone le problematiche più attuali e, con lo sguardo rivolto al futuro, illustrano i problemi ancora aperti nei loro campi di ricerca. L’intento condiviso, in particolare, è quello di riuscire a stabilire un rapporto costruttivo tra i lettori e la conoscenza scientifica fondamentale, attualmente assai poco diffusa in Italia. Ogni articolo infatti, oltre a presentare l’argomento, lo analizza dal punto di vista metodologico, proponendo criteri adatti a distinguere, nei vari problemi, la soluzione giusta da quelle false, quella che è il risultato di una ricerca fondata su una metodologia scientifica e quelle che invece rispondono ad opinioni personali non scientifiche, condizionate dalla soggettività di chi le propone. E’ il “metodo” di ricerca che garantisce la validità (almeno temporanea) delle conoscenze, e questo le differenzia dalle conclusioni che emergono da procedimenti non rigorosi.

Persino a scuola elementare si studiano le famose quattro tappe del metodo scientifico: l’osservazione, l’ipotesi, l’esperimento e la verifica. Quello che però né gli autori del libro né semplificazioni scolastiche mettono in evidenza sono l’indispensabile preparazione culturale e la competenza disciplinare che permettono di interrogarsi e di interrogare le esperienze cogliendone la problematicità. Per uno scienziato, osservare un fenomeno in maniera “scientifica” significa avere studiato a fondo l’argomento trovando discrepanze tra quello che si sa e quello che sembra succedere, cogliere imprecisioni nelle descrizioni date, conoscere a livello mondiale tutto quello che su quel fenomeno è stato indagato, scritto, confrontato; padroneggiare una ricca bibliografia; saper collocare il fenomeno entro una rete concettuale che possa invalidare l’interpretazione precedente e sostenerne una nuova. E’ l’ampio patrimonio culturale a disposizione che fa nascere problematicità e spunti di ricerca, sono gli anni di riflessione, di studio e di pratica sperimentale che guidano le eventuali nuove osservazioni, che fanno intuire possibili esperimenti. E neppure gli esperimenti nascono dal nulla: bisogna sapere quello che già è stato fatto, studiare le condizioni opportune, confrontare protocolli, riprodurli e innovarli… La cultura scientifica non si improvvisa ma richiede lunga preparazione concettuale, che permette di accettare poi sia le frustrazioni che i successi. Al di là della semplificazione didattica, trascurare la fatica e la preparazione che sostiene la metodologia scientifica induce ad errate interpretazioni proprio di quel metodo che vorrebbe essere il garante della scientificità dei risultati. Per questo, in questo breve volume, si avverte la mancanza di tutto quello che un lettore dovrebbe già sapere per cogliere il significato delle semplificazioni proposte.

Così Bellini, il curatore del volume e fisico delle particelle elementari, analizza le strutture di base della materia, descrive le particelle subnucleari e le forze che agiscono al loro livello, accenna alle considerazioni e agli esperimenti descritti come fondamentali (per esempio quello di Michelson e Morley) che hanno guidato Einstein alla elaborazione delle teorie sulla relatività ristretta (o speciale); presenta il problema relativo al dualismo onde-corpuscoli e spiega come rintracciare nei fenomeni più comuni le manifestazioni della quantizzazione della materia. La tecnologia che indaga sulle strutture subnucleari è necessariamente complessa, come sono complessi gli esperimenti che in coerenza con le teorie, negli immensi acceleratori del Fermi National Laboratory (USA) o nei collisionatori del CERN di Ginevra, mettono in evidenza il comportamento delle particelle.

La cosmologia moderna indaga sul carattere evolutivo dell’Universo, riproponendo le antiche domande sulla sua origine e sul suo futuro, sviluppa nuove tecnologie che permettono di indagare sulla sua natura finita o infinita e di avvicinarsi ai primi istanti del cosmo primordiale. I dati mostrano che l’espansione del nostro universo sta accelerando e questo viene spiegato ipotizzando modelli evolutivi fondati sulle teorie di Einstein: la materia di cui abbiamo esperienza è probabilmente responsabile solo del 5% della sua densità mentre il restante 95 % è dovuto alla presenza di componenti “oscure”: una materia pesante oscura ed una energia oscura di cui si sa ancora pochissimo. Organizzando i suoi dati secondo le teorie di Einstein l’astrofisica suggerisce una concezione rivoluzionaria dello spazio-tempo visto come parte integrante del nostro universo in cui l’equivalenza tra massa ed energia, attraverso l’energia oscura, dà conto della sua densità.

La ricerca, nell’Universo, di pianeti con caratteristiche simili alla terra apre il problema della possibilità di forme di vita extraterrestri o della nostra unicità. Le ipotesi sull’origine della vita e dei suoi primi sviluppi danno luogo a ricerche sperimentali che tentano di riprodurre le condizioni primordiali e la formazione di molecole organiche più o meno complesse. Testimonianze paleontologiche e modernissimi studi sulla struttura del DNA di organismi diversi raccontano la storia dell’evoluzione dei viventi, per capire non tanto la “sopravvivenza del più adatto” quanto “la generazione del più adatto”. I contributi della epigenetica gettano nuova luce su questi processi e offrono chiavi interpretative sia sul differenziamento embrionale sia sullo sviluppo evolutivo.

Bellini vorrebbe che il suo come gli altri contributi fossero “per tutti”, cioè che i risultati presentati dai diversi autori fossero a tutti comprensibili. Ma è veramente possibile riassumere in poche pagine le più complesse concettualizzazioni della scienza contemporanea? E’ assai probabile che il cosiddetto “uomo della strada”, sia pure studente di liceo, acquisti leggendo una “infarinatura” sui diversi argomenti ma non riesca a integrarli nel proprio sistema concettuale, non avendo a disposizione cultura e conoscenze tali da padroneggiarne i tanti significati e comprenderne le implicazioni.

Una sorta di conflitto nasce rispetto all’articolo di Ceroni, il neuropsicologo, che pone il problema dell’origine della coscienza. Più volte nel suo scritto egli contesta le moderne idee positivistiche e scientiste: non crede che la realtà dell’uomo possa essere compresa dalla scienza e dalle neuroscienze in particolare; mette in evidenza i limiti delle tecnologie che indagano sui funzionamenti del cervello come l’elettroencefalogramma (EEG)o la risonanza magnetica funzionale (fMRI); addirittura mette in discussione il valore dei grandi progetti sperimentali che investono ingenti capitali per indagare sul sistema nervoso, come l’europeo Human Brain Project o l’americana BRAIN Initiative. La coscienza, l’Io, la persona secondo l’autore, non sono riducibili al funzionamento del cervello: mentre gli studi sul funzionamento delle cellule neuronali hanno una loro validità scientifica, il passaggio da questi ad interpretazioni sulla coscienza presenta dei limiti assolutamente invalicabili.

A conclusione del volume, Bellini afferma che la scienza è caratterizzata da osservazioni e misure contrassegnate da ripetibilità e non-soggettività: sono queste caratteristiche metodologiche rendono assai difficile la loro applicazione alla psicologia e, di conseguenza, al problema della coscienza. Esistono dei campi in cui la scienza non può operare, per esempio, l’argomento mente e l’argomento coscienza esulano dalle sue competenze in quanto non possono essere soggetti a sperimentazione e verifica come il “vero” metodo scientifico richiederebbe. Ma può darsi che gli psicologi e forse anche gli psicanalisti non siano perfettamente d’accordo con queste conclusioni.

Maria Arcà

Maria Arcà ha svolto ricerche in Biologia Molecolare presso l'Università e il CNR di Roma. Dagli anni 70 si è interessata ai problemi cognitivi ed epistemologici dei bambini; ha svolto attività di aggiornamento per insegnanti della scuola di base, ha pubblicato articoli e testi in Italia e all’estero.  Nel 2000, ha partecipato alla Commissione De Mauro per la definizione dei curricoli di scienze e, nel 2012, alla revisione delle Indicazioni Nazionali per il Curricolo.

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