Salute

Con l’ottimismo l’ictus si supera più in fretta

Non solo allunga la vita, ma stimola anche la ripresa dopo traumi e patologie invalidanti. È l’ottimismo, quell’atteggiamento di fiducia nel futuro che, secondo uno studio dell’Health Science Center dell’Università del Texas, migliorerebbe la reattività delle persone colpite da ictus, riducendo sia la gravità dell’evento che gli effetti riportati dall’organismo nei mesi successivi. I risultati della ricerca saranno presentati nel corso dell’American Stroke Association’s International Stroke Conference, un meeting internazionale per ricercatori e clinici dedicato alla scienza dell’ictus e alla salute del cervello, che si svolgerà a Los Angeles fra il 18 e il 21 febbraio 2020.

Ottimismo e salute: un legame tutto da esplorare

Già in passato gli scienziati avevano studiato il legame fra ottimismo e stato di salute, osservando come questo atteggiamento positivo fosse associato a livelli di infiammazione più bassi e prognosi migliori in pazienti che avevano diversi tipi di patologie. È la prima volta, però, che vengono esaminati i suoi effetti su persone sopravvissute ad ictus.

I ricercatori dell’Università del Texas hanno svolto un piccolo studio preliminare su 49 persone, indagando il legame fra ottimismo, infiammazione, gravità dell’ictus e stato di disabilità fisica registrato a tre mesi dall’evento. Comprendere come questi elementi sono collegati fra loro o si influenzano a vicenda può contribuire a creare un modello scientifico per nuove strategie di riabilitazione dopo l’ictus. “I nostri risultati suggeriscono che le persone ottimiste hanno una prognosi migliore, quindi stimolare l’umore può essere una via ideale per migliorare la salute mentale e il recupero dopo un ictus”, spiega Yun-Ju Lai, primo autore dello studio.

Un atteggiamento ottimista riduce i danni dell’ictus

Ma come si può misurare l’ottimismo? In questo caso, gli scienziati hanno svolto un’analisi secondaria grazie alle informazioni raccolte in una banca dati relativa a un gruppo di pazienti neurologici. Fra le variabili considerate c’erano i risultati del Life Orientation Test, un test standard usato in psicologia proprio per misurare l’ottimismo di una persona, e altri dati prettamente fisici: la valutazione della gravità dell’ictus, basata sulla scala ufficiale dell’Istituto nazionale della Salute, e i livelli di alcune sostanze che fanno da marcatori dell’infiammazione, come l’interleuchina 6 (IL-6), il fattore alfa di necrosi tumorale (TNFα) e la proteina C reattiva (CRP).

Mettendo a confronto i dati e considerando le altre possibili variabili in gioco, gli scienziati hanno notato che all’aumentare dei livelli di ottimismo diminuivano la gravità dell’ictus e i livelli dei marcatori IL-6 e CRP, mentre non sembrava esserci nessun legame con il livello di TNFα. “È giusto che i pazienti e le loro famiglie conoscano l’importanza di essere circondati da un ambiente positivo, che potrebbe far bene alla persona malata”, conclude Lai.

Claudia Borgia

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