Vita

La ricetta del miglior basilico del mondo

Volete stupire i vostri amici con il pesto migliore che abbiano mai assaggiato? Allora dovreste usare un basilico cresciuto con un’esposizione alla luce h24. A dirlo è un team di ricerca del Mit di Boston, che ha pubblicato i dati della ricerca sulle pagine della rivista Plos One. La cosa più interessante, però, non è tanto aver ottenuto il basilico più gustoso del mondo, ma il modo in cui sono arrivati a concepire la ricetta per la crescita ideale: a suggerirla, infatti, è stata un’intelligenza artificiale.

Per prima cosa i cyber-agronomi hanno iniziato a coltivare piantine di basilico in condizioni controllate, all’interno cioè di container in cui variare i parametri di luce (durata, intensità, colore). Condizione per condizione, hanno raccolto informazioni sulle piantine che stavano crescendo, valutando in particolare il contenuto di quelle sostanze chimiche volatili che conferiscono l’aroma al basilico attraverso analisi di gas-cromatografia e spettrometria di massa.

I dati sono serviti per creare un database da dare in pasto a speciali algoritmi di apprendimento automatico, creati apposta per elaborare la migliore ricetta climatica di coltivazione possibile. Quella che avrebbe dato il basilico con il maggior contenuto di composti chimici volatili, quindi in teoria renderlo il più aromatico possibile. Alla fine l’intelligenza artificiale ha decretato: per esprimersi al meglio il basilico ha bisogno di una esposizione alla luce h24.

“Non l’avremmo scoperto in nessun altro modo”, ha commentato John de la Parra, autore dello studio e membro del team della Open Agriculture Initiative. “A meno che non ci si trovi in Antartide non c’è un luogo nel mondo reale in cui sia possibile testare un fotoperiodo di 24 ore”.

L’idea degli scienziati è che questo metodo, che consente di risparmiare tempo e denaro rispetto alle tecniche tradizionali, ora possa essere applicato per scoprire nuove ricette climaticheper una crescita ideale mirata a ottenere determinati risultati. Al momento, per esempio, il team sta lavorando per trovare la ricetta perfetta per ottenere un basilico con una maggiore percentuale di composti che sono risultati utili per combattere il diabete.

In un futuro prossimo – auspicano gli scienziati – la coltivazione di tante altre specie di piante potrà trarne vantaggi, grazie anche alla collaborazione dei cittadini. L’Open Agriculture Initiative, infatti, prevede progetti di citizen science come i personal food computer, scatolotti tecnologi (sul sito del Mit ci sono le istruzioni per costruirli e metterli in funzione) che permettono di far crescere piante in condizioni controllate e dimonitorarne i progressi. Tutti i dati, poi, vengono immagazzinati in cloud per contribuire all’ampliamento di un database condiviso sugli effetti che determinate condizioni di coltivazione hanno sulle piante.

“Vogliamo che migliaia di persone lavorino con noi”, dicono dal Mit. “Quante altre cose potremmo scoprire sulle piante  in questo modo?”

Via: Wired.it

Mara Magistroni

Nata e cresciuta nella “terra di mezzo” tra la grande Milano e il Parco del Ticino, si definisce un’entusiasta ex-biologa alla ricerca della sua vera natura. Dopo il master in comunicazione della scienza presso la Sissa di Trieste, ha collaborato con Fondazione Telethon. Dal 2016 lavora come freelance.

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