Spazio

Pericoli in orbita: schedati tutti i batteri sulla Stazione spaziale

Da quando è stata inaugurata, alla fine del 2000, sono stati più di duecento gli astronauti che vi hanno soggiornato. Eppure lassù, a 400 km circa di distanza dalla Terra, negli anni si sono accumulati altri inquilini, pressoché invisibili, non annoverati negli annali dei visitatori. Un vero e proprio esercito di microrganismi, funghi e batteri, che prosperano per lo più indisturbati. A stilare una lista di funghi e batteri sulla Stazione spaziale (Iss)è oggi uno studio pubblicato su Microbiome. Scopo: compilare un catalogo delle specie più abbondanti in orbita, così da identificare strategie per mettere al sicuro gli astronauti impegnati in missioni spaziali e proteggerli così da possibili infezioni.

Perché studiare i batteri sulla Stazione spaziale

“Alcuni microbi negli spazi chiusi qua sulla Terra possono influenzare la salute umana – ha raccontato Kasthuri Venkateswaran del Jet Propulsion Laboratory della Nasa, a Pasadena, tra gli autori del paper. Conoscere quali sono i microrganismi presenti nei voli spaziali è fondamentale, continua, considerando che spesso gli astronauti hanno un sistema immunitario alterato e per di più non possono contare sugli esperti e sulle tecnologie mediche presenti a Terra. “Alla luce di possibili missioni di lunga durata, è importante identificare i tipi di microrganismi che possono accumularsi negli ambienti chiusi, unici, dei voli spaziali, conoscere quanto a lungo possono sopravvivere e il loro impatto sulla salute e sulle infrastrutture delle navicelle”. Perché così come possono influenzare la salute umana, i microbi possono minare l’integrità e il funzionamento anche delle superfici e attrezzature su cui si depositano. Per esempio tramite la formazione di biofilm (pericolosi anche per lo sviluppo di resistenze agli antibiotici), che possono causare dei blocchi meccanici o corrodere le superfici.

Inquilini spaziali invisibili

Per capire quali sono i batteri sulla Stazione spaziale più comuni i ricercatori hanno coltivato in laboratorio e analizzato i campioni prelevati a bordo della Stazione spaziale durante tre missioni, in un arco temporale di 14 mesi. I campioni analizzati provenivano da diversi ambienti della Iss: dalla cupola (lì da dove gli astronauti son soliti scattare foto mozzafiato del nostro pianeta), dal tavolo da pranzo, dalla toilette, dalle zona notte e da quelle dedicate all’esercizio fisico. Senza sorpresa forse le specie di microrganismi più abbondanti sulla Iss sono quelle associate all’essere umano e tra queste alcune sono state responsabili di infezioni opportunistiche sulla Terra. Di per sé questo non rappresenta un pericolo, se non potenziale: se possano causare problemi anche in orbita non è chiaro, ribadiscono gli autori. Molto dipende infatti dalla salute degli astronauti e da come questi microrganismi funzionano nello Spazio.

Sulla Stazione spaziale come in palestra

Tra le specie di batteri sulla Stazione spaziale più abbondanti ci sono quelli dei generi Staphylococcus (con abbondanza del 26%), Pantoea (23%), e Bacillus (11%), mentre per i funghi le comunità più popolose in orbita sono quelle di Rhodotorula mucilaginosa (41% di tutti i funghi isolati) e Penicillium chrysogenum (15%). Sul modulo Usa della Stazione, per esempio, i batteri più comuni erano quelli della famiglia Staphylococcaceae e Enterobacteriaceae : i primi si trovano spesso sulla pelle e nelle vie aeree, i secondi sono inquilini tipici invece del tratto gastrointestinale. Si tratta di batteri che spesso si ritrovano anche nelle palestre, negli ospedali o negli uffici, a testimoniare come sia soprattutto la presenza umana a plasmare le comunità microbiche all’interno di spazi chiusi. Se nelle comunità di batteri sulla Stazione spaziale si osservavano delle differenze temporali, lo stesso non si aveva invece per quelle fungine, più stabili nel tempo, aggiungono gli scienziati.

“Esplorare la distribuzione spaziale e temporale delle comunità microbiche intatte e vitali a bordo di sistemi chiusi come la Iss potrebbe facilitare la pianificazione di colonizzazioni umane della Luna, Marte e oltre”, scrivono gli autori. Perché quando torneremo sulla Luna o ci dirigeremo sul Pianeta rosso nulla potrà essere lasciato al caso.

Riferimenti: Microbiome

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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