In natura ne sono rimasti poco più di 25.000, per la maggior piante bianchi e solo 5.000 neri. E pensare che all’inizio del XX secolo erano 500.000. I rinoceronti sono in grave rischio di estinzione: si calcola che in meno di 28 anni saranno estinti in natura, se il loro tasso di abbattimento continuerà a salire con lo stesso trend attuale. La causa è sempre la stessa: il bracconaggio. Un commercio illegale tra i più redditizi al mondo.
Questi grossi mammiferi, infatti, vengono abbattuti al ritmo di uno ogni sette ore, per un unico scopo: prelevare il corno di cheratina e tessuto fibroso ricco di calcio e potassio. È solo cheratina, la stessa sostanza di cui sono fatte le nostre unghie e i nostri capelli, per intenderci, ma il corno di questi mammiferi vale circa 90.000 dollari al kilo al mercato nero, più della cocaina. È richiesto in Asia per lo più, usato come status symbol dagli uomini della upper class asiatica e nella medicina tradizionale. Infatti, secondo alcune credenze prive di fondamenti medico-scientifici, la polvere ottenuta triturando questi corni sarebbe afrodisiaca, più del viagra, e un potente rimedio curativo per il raffreddore come per il cancro terminale. Se la caccia a questi grandi mammiferi in natura continuerà, ben presto “si potranno osservare e conoscere esclusivamente nelle strutture zoologiche” afferma Daniel Sanchez, Direttore zoologico del Bioparco ZOOM Torino.
Per ora la sopravvivenza della specie in natura dipende dalla capacità di mantenere adeguati standard di prevenzione nei paesi dove la specie è ancora presente. Come la Namibia, dove si trova una delle più alte concentrazioni di rinoceronti, bianchi e neri, dell’intera Africa. Proprio questo paese sta diventando il nuovo terreno di caccia dei bracconieri con un incremento di esemplari cacciati del 400% nell’ultimo anno. È proprio per questo motivo che un anno fa è nato il progetto Operazione Rhino, del Bioparco ZOOM Torino e supportato dall’Associazione Aiea e dall’Ente Nazionale del turismo della Namibia. Un progetto che ha l’obiettivo di raccogliere fondi destinati all’equipaggiamento e all’addestramento con tecniche paramilitari di ranger antibracconaggio in Namibia, per monitorare gli animali e difendere le aree destinate alla fauna selvatica. “I risultati più significativi si ottengono proprio attraverso la cooperazione delle associazioni internazionali con strutture zoologiche moderne e incentrate sulla conservazione, e i governi locali” conclude Daniel Sanchez.
Ma i rinoceronti non hanno vita facile anche nelle bacheche dei nostri musei naturali. Il mercato nero alimentato dall’Asia, infatti, continua a essere il principale movente non solo della caccia illegale, ma anche dei numerosi furti nei musei zoologici di tutta Italia. Solo dall’inizio di quest’anno se ne sono verificati cinque: a gennaio al museo di zoologia di Modena; a marzo a Pisa oltre a un corno è stato trafugato anche un dente di narvalo; il 3 giugno di nuovo un corno e un dente di narvalo questa volta nei musei dell’Università di Bologna. È andata male invece ai ladri che hanno rubato due corni, il 7 agosto al Museo di Storia naturale di Genova: i reperti in esposizione erano copie in gesso e polistirolo, mentre gli originali erano ben custoditi. L’ultimo colpo ai danni di questa specie e dei musei italiani si è verificato al Museo Zoologico di Napoli dell’Università Federico II, dove sono stati trafugati sei corni risalenti a 200-300 anni fa: uno è stato staccato direttamente dallo scheletro di un esemplare esposto nel salone.
Un trend che dev’essere assolutamente invertito. È proprio questo il motivo per cui è stata istituita la Giornata mondiale del rinoceronte, proclamata per il 22 settembre. Un appuntamento internazionale in difesa di questa specie, tanto possente quanto fragile.
Credits immagine: Anna Lisa Bonfranceschi