Se questo luglio piovoso e settembrino vi ha lasciato con l’amaro in bocca, mettetevi l’anima in pace: i cambiamenti climatici sono anche questo. E non c’è nulla da fare, almeno nel breve periodo. Uno studio pubblicato di recente sulla rivista Scientific Report da due ricercatori della Northeastern University di Boston dimostra infatti che se da un lato le temperature medie nei prossimi anni continueranno a salire per effetto del global warming, aumenterà però al contempo anche la variabilità delle temperature estreme. In parole povere: le temperature di alzeranno progressivamente, ma bisogna prepararsi anche a botte di caldo e di fretto molto intense.
“Non basta un anno particolarmente freddo per smentire il riscaldamento globale”, spiega infatti Evan Kodra, uno dei due autori del nuovo studio. Nel loro lavoro i due ricercatori americani hanno attinto ai dati provenienti da tutti i principali modelli climatici elaborati dall’Intergovernmental Panel on Climate Change, unendoli ai cosiddetti “reanalysis data sets“, database che uniscono i risultati delle osservazioni meteo con quelli elaborati dai principali modelli meteorologici. Un bel po’ di dati insomma, che i due ricercatori hanno affrontato sfruttando gli strumenti di calcolo elaborati nel campo della big data science.
In questo modo sono riusciti a descrivere l’evoluzione dei massimi e dei minimi delle temperature nei prossimi decenni con una precisione mai raggiunta fino ad oggi, evidenziando inoltre il ruolo di variabili come le stagioni, le aree geografiche e l’influenza dei mari. I risultati confermano che in futuro si assisterà ad una maggiore frequenza di eventi meteo estremi, in particolare per quanto riguarda le temperature, che in inverno come in estate presenteranno dislivelli sempre maggiori tra i massimi e i minimi.
I risultati dello studio, assicurano gli autori, sono importanti non solo sul piano scientifico, ma anche per le loro implicazioni sulla società, perché caldo e freddo estremi hanno ricadute dirette in settori come l’agricoltura o la salute pubblica.
Via Wired.it
Credits immagine: Thomas Leth-Olsen/Flickr