Il riscaldamento globale dietro la moria di pinguini in Antartide

Sono solo due i pulcini di pinguino di Adelia sopravvissuti quest’anno sull’isola di Petrels nella regione orientale dell’Antartide. Un vero disastro ecologico secondo il team di esperti che monitorano la colonia di oltre 18mila coppie di uccelli marini, la stessa già colpita nel 2013 da un evento simile che all’epoca non aveva lasciato superstiti tra i nuovi nati. I ricercatori denunciano: cambiamenti climatici e attività antropiche dirette mettono a rischio interi ecosistemi. E il WWF reclama l’istituzione di nuove aree marine protette.

Gli esperti lo hanno definito un fallimento riproduttivo della colonia di quasi 40mila pinguini di Adelia, ma quello che si è verificato quest’anno nell’isola di Petrels nell’Antartide orientale assomiglia più a una ecatombe di pulcini, morti di stenti a causa di condizioni climatiche eccezionali.

A determinare la perdita di un’intera generazione di questi animali è stata una combinazione fatale di piogge insistenti seguite da un repentino abbassamento delle temperature: i pulcini, il cui piumaggio non è ancora impermeabile come quello degli adulti, si sono ritrovati così letteralmente inzuppati d’acqua. Il gelo, poi, li ha stroncati. I piccoli di pinguino di Adelia, inoltre, erano già debilitati dalla fame: a causa dell’eccezionale estensione del ghiaccio raggiunta sull’isola, proprio come era successo nel 2013, il tragitto che separava la zona di nidificazione della colonia dal mare era diventato molto più lungo. Tanto più lungo che i genitori non sono riusciti a tornare in tempo per sfamare la prole.

Troppe piogge, troppo freddo, troppo ghiaccio. Qualcuno potrebbe pensare che il riscaldamento globale non c’entri proprio nulla, e sbaglierebbe di grosso. Condizioni meteorologiche anomale si stanno verificando in Antartide come in molte altre regioni del mondo. In più – come spiega Yan Ropert-Coudert del Centro nazionale di ricerca scientifica francese, impegnato con il suo team a monitorare lo stato di salute delle colonie di pinguini – la regione antartica di Adelia e dell’isola di Petrels sono sottoposte a importanti cambiamenti ambientali fin dal 2010, quando per effetto del riscaldamento globale un’enorme lingua di ghiaccio (più o meno delle dimensioni del Lussemburgo) si è staccata dal ghiacciaio Mertz, scivolando in acqua e alterando completamente le correnti oceaniche nell’intera area. Una delle conseguenze è proprio la formazione di eccessivo ghiaccio nel periodo di nidificazione dei pinguini di Adelia.

Come se non bastasse, denuncia Ropert-Coudert, i pinguini di Adelia potrebbero trovarsi a competere con l’uomo per il cibo: esiste infatti la possibilità che l’area venga aperta alla pesca esplorativa di krill (i piccoli crostacei di cui questi animali si nutrono). Un’altra minaccia a cui sia i ricercatori sia organizzazioni come il WWF si oppongono facendo appello al Commission for the Conservation of Antarctic Marine Living Resource, che dovrebbe riunior(Ccamlr, di cui fanno parte 25 Stati membri e l’Unione europea) perché istituisca un’area marina protetta. Un’area di tutela dell’ecosistema che si aggiungerebbe a quella nel Mare del Ross, la più grande dell’Antartide creata nel 2016. “Un’area marina protetta purtroppo non potrà porre rimedio a questi cambiamenti [climatici]”, si appella Ropert-Coudert “ma può prevenire gli ulteriori impatti che derivano dalle dirette pressioni antropogeniche, come il turismo e la proposta di apertura alla pesca”.

Mara Magistroni

Nata e cresciuta nella “terra di mezzo” tra la grande Milano e il Parco del Ticino, si definisce un’entusiasta ex-biologa alla ricerca della sua vera natura. Dopo il master in comunicazione della scienza presso la Sissa di Trieste, ha collaborato con Fondazione Telethon. Dal 2016 lavora come freelance.

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