Riportare “indietro nel tempo” la cellule già specializzate per farle tornare staminali embrionali: la soluzione al problema etico che l’impiego di embrioni e cellule umane clonate pone alla ricerca biotecnologia, almeno nel mondo occidentale, sembra essere a portata di mano.
La notizia arriva dai laboratori dell’Università del Wisconsin-Madison (Usa), è stata pubblicata on line su ScienceExpress e apparirà su Science il 21 dicembre prossimo.
A differenza delle cellule dell’individuo adulto (somatiche), che si trovano già specializzate nei vari tessuti, le cellule staminali embrionali sono indifferenziate e “trasformiste”, capaci di moltiplicarsi indefinitamente e di dare origine a tutti i tipi cellulari. Queste peculiarità hanno da subito lasciato intravedere il loro possibile impiego nelle terapie della medicina rigenerativa e nella ricerca genetica di base. Per questo, ormai da circa dieci anni, le staminali embrionali sono divenute le protagoniste della bioingegneria. Molti gruppi tentano però ormai da tempo vie alternative all’impiego degli embrioni.
Gli scienziati della Wisconsin-Madison sono ora riusciti a modificare geneticamente cellule umane della pelle – i fibroblasti – e a riportarle a uno stadio pluripotente, identico a quello di una staminale embrionale. Lo studio è stato guidato da Junying Yu del Genome Center of Wisconsin e del Wisconsin National Primate Research Center, presso il laboratorio di James Thomson, il ricercatore che, nel 1998, isolò per primo cellule staminali da un embrione umano.
Il lavoro segue gli importanti studi avviati dallo stesso Thompson e da un’equipe giapponese: Shinya Yamanaka, dell’Università di Tokyo aveva infatti scoperto nel 2006 che, attivando quattro geni (Oct4, Sox2, c-Myc e Klf4) era possibile riportare cellule adulte di un topo a uno stadio indifferenziato e pluripotente. Il lavori erano stati riportati su Celle e Nature. Adesso, per la prima volta lo stesso esperimento è stato condotto su cellule somatiche umane: i biologi hanno utilizzato dei virus come vettori per attivare i quattro geni in fibroblasti umani, e sono così riusciti a creare otto nuove linee di staminali, alcune delle quali sono cresciute in coltura per 22 settimane. “Le cellule che abbiamo ottenuto attraverso la tecnica di riprogrammazione mantengono un normale corredo cromosomico (cariotipo) e sono indistinguibili dalle staminali embrionali”, ha dichiarato Thomson. Secondo molti scienziati questa scoperta contribuirà a cambiare radicalmente la visione della ricerca sulle staminali e sulla terapia personalizzata. (f.c.)
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