Categorie: Ambiente

Europa, cattiva maestra

L’Europa non è un modello da seguire. I suoi cittadini sfruttano fino all’osso le risorse naturali preoccupandosi ben poco dell’eredità che lasciano alle future generazioni. È il quadro poco edificante dei 27 membri dell’Unione uscito dal rapporto del Wwf “Europa 2007- Prodotto interno lordo e impronta ecologica”.

E non si salva quasi nessuno, neanche Finlandia e Svezia, da sempre considerate isole ecologiche,  dove la pressione umana sull’ambiente è aumentata del 70 per cento dal 1975 a oggi. A trascinare tutti i paesi europei sul banco degli imputati è un preciso indicatore statistico, denominato “Impronta ecologica”, che mette a confronto le risorse consumate con quelle rigenerate: si tratta infatti di una quantificazione dell’area biologicamente produttiva (di mare o di terra) necessaria per ricostituire le risorse consumate da una popolazione umana. Ebbene, nel bilancio tra ciò che è stato tolto e ciò che si è riuscito a riprodurre, l’Europa è inequivocabilmente in forte debito con l’ambiente. E a poco sono serviti i tentativi di Germania, Bulgaria e Lettonia di ridurre il loro impatto grazie al ricorso a nuove tecnologie. Un cittadino tedesco, per esempio, continua ad avere un’impronta ecologica doppia rispetto alla media mondiale. È però la Grecia ad aggiudicarsi il primo posto nella classifica dei paesi “insostenibili” registrando il più alto tasso di crescita dell’impronta ecologica.

Solo una generazione fa le cose non stavano così, afferma Gianfranco Bologna direttore scientifico del Wwf Italia: “L’Europa ha rappresentato per lungo tempo un creditore ecologico perché utilizzava meno risorse di quelle disponibili. Oggi invece vive al di sopra dei propri limiti. Se tutti i cittadini del mondo vivessero come un europeo, avremmo bisogno di due pianeti e mezzo”.

Per renderci conto degli eccessi del Vecchio Continente basti pensare che nel 2003 la sua impronta ecologica è stata calcolata in 4,7 ettari pro capite, mentre la media mondiale è di 2,2, e che l’indice di tolleranza, ossia il limite entro il quale lo sfruttamento può essere ricompensato dalla capacità riproduttiva della Terra, è fissato a 1,8 ettari pro capite. (g.d.o)

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