Ritrovate le tartarughe di Darwin

Si pensava fossero estinte da almeno 150 anni. Invece le Chelonoidis elephantopus, tartarughe giganti delle Galapagos, tra le specie che hanno influenzato Charles Darwin nello sviluppo della teoria dell’evoluzione, potrebbero essere vive e vegete, solo nascoste in un’isola diversa da quella di provenienza. A scoprirlo è stato un team di ricerca dell’Università di Yale, tramite l’analisi del Dna di quelle che sembrerebbero essere le loro dirette discendenti. Lo studio, cui ha partecipato anche l’Università di Firenze, è stato pubblicato sulla rivista Current Biology.

Durante il suo viaggio sulla nave Beagle, Darwin rimase particolarmente colpito dalle differenze nelle corazze delle testuggini delle Galapagos, che cambiavano da isola ad isola. Fino ad oggi, gli zoologi pensavano che le C. elephantopus, originarie dell’isola Floreana, si fossero estinte poco dopo quel famoso viaggio, avvenuto nel 1835. Ma in realtà, potrebbe non essere andata così.

I ricercatori di Yale, infatti, hanno scoperto che potrebbero esserci dirette discendenti di queste tartarughe tra gli esemplari che abitano l’isola Isabela, un po’ più a nord nell’arcipelago. Secondo le analisi di campioni del sangue di 1.600 delle tartarughe che popolano questo territorio, infatti, almeno 84 esemplari di testuggine del Vulcano Wolf (tartarughe ibride che vivono su uno dei picchi più alti delle cosiddette isole di Colombo) avrebbero come genitore proprio una C. elephantopus di razza pura.

In trenta casi, l’ibridazione sarebbe avvenuta meno di 15 anni fa, il che farebbe supporre che le progenitrici di queste testuggini potrebbero essere ancora vive, dato che questi animali possono vivere anche più di cento anni. “Per quanto ne sappiamo, questa è la prima volta che si riscopre l’esistenza di una specie tracciandone le impronte genetiche in esemplari ibridi”, ha commentato Ryan Garrick, primo autore dello studio, oggi docente all’Università del Mississipi.

La teoria elaborata dagli scienziati statunitensi per spiegare la ‘migrazione’ da un’isola all’altra è molto semplice: secondo il team, sarebbe stata la caccia intensiva a far sì che questi esemplari venissero eradicati dal loro habitat iniziale per essere trasportati sull’isola Isabela. Pirati e balenieri, infatti, erano soliti catturare le tartarughe, i cui tessuti erano usati per produrre olio combustibile.

“Se riuscissimo a trovare i ‘purosangue’ di cui abbiamo trovato traccia, potremmo provare a riportarli nella loro isola di origine e ripopolare la specie”, ha spiegato Adalgisa Caccone, ricercatrice della Yale University che ha partecipato allo studio. “Farlo sarebbe importante, poiché questi animali giocano un ruolo cruciale nel mantenere integri degli ecosistemi delle isole Galapagos”.

Anche se gli esemplari ancora vivi di C. elephantopus risultassero troppo pochi, infatti, i biologi potrebbero aumentare il loro numero tramite l’allevamento intensivo. “L’ibridazione di solito è considerata deleteria per la conservazione della biodiversità”, ha commentato ancora Garrick: “In questo caso, però, potrebbero essere proprio gli esemplari ibridi ad offrire l’opportunità di ‘resuscitare’ una specie che pensavamo estinta, grazie alle tecniche di allevamento mirato”.

Riferimento: Current Biology doi:10.1016/j.cub.2011.12.004 

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