Robot salva-arte

    Dalla medicina alla conservazione dei beni culturali. La risonanza magnetica, un esame diagnostico esploso negli ultimi vent’anni e particolarmente apprezzato perché indolore, innocuo e non invasivo, può diventare uno strumento prezioso anche per chi occupa dello stato di salute delle opere d’arte. Dalla collaborazione fra ricercatori del Cnr, dell’Università “La Sapienza” di Roma e la società italo-tedesca Bruker, che produce spettrometri a risonanza magnetica, è nata un’apparecchiatura innovativa e rivoluzionaria, battezzata Profiler, in grado di rilevare i segni del tempo su affreschi, sculture, opere architettoniche, libri e manoscritti antichi. Lo strumento, che rappresenta il coronamento del progetto europeo Eureka avviato quattro anni fa, sembra avere le carte in regola per mettere gradualmente al bando le tecniche attualmente impiegate in questo tipo di analisi, che richiedono spesso di intaccare l’opera prelevandone un campione da destinare ai laboratori di ricerca. Il funzionamento di Profiler, è identico ai macchinari con cui si esegue la risonanza magnetica in ospedale, dove si sfruttano unicamente le proprietà di un campo magnetico costante, indotto da una sorta di grande calamita, e delle onde elettromagnetiche radio. I segnali sono poi convertiti in immagini grazie a un calcolatore. La sola differenza rispetto ai macchinari medici, spiega Anna Laura Segre, dirigente di ricerca dell’Istituto di metodologie chimiche del Cnr di Roma, che ha partecipato alla progettazione dello strumento, è data dalla conformazione dell’apparecchio: “Mentre un paziente può infilarsi all’interno del tunnel per sottoporsi all’esame di risonanza, non è possibile fare lo stesso con un bene artistico”. La sfida era quindi quella di adattare la tecnica in modo da renderla compatibile con i beni d’arte. Il risultato ha preso la forma di un’apparecchiatura portatile di poco più di 15 chili di peso, che consiste in un magnete a cui sono collegati un piccolo sensore, una strumentazione elettronica e un computer portatile per le immagini. Il sensore va appoggiato su un semplice cavalletto, tipo quello usato dai fotografi, e posto vicino all’opera da esaminare. Che si tratti di un affresco o delle pagine di un antico manoscritto quello che conta è che non vengono neppure sfiorati. Al vaglio del sensore, per eseguire le prime prove sperimentali, sono già passati gli affreschi della casa del Vasari, costruita intorno alla metà del Cinquecento, l’intonaco affrescato del criptoportico che si trova sul Colle Oppio, nel complesso archeologico delle terme di Traiano costruite nel 109 d.C., le Mura Aureliane, che risalgono invece all’epoca dell’imperatore Aureliano, circa il 270-275 d.C., e diverse carte antiche a vario stato di degrado.Ma che tipo di rilevazioni e informazioni si possono ottenere da questo apparecchio? “La risonanza magnetica è in grado di rilevare il grado di umidità, nemico numero uno per le opere d’arte, spingendosi fino a sette millimetri di profondità. Per questo è particolarmente indicata per tutti i materiali porosi, come calcare, travertino, legno, pergamena, pelle, cuoio, che sono esposti in misura maggiore alle infiltrazioni d’acqua” spiega Anna Laura Segre. “Inoltre può evidenziare il distacco di un affresco dalla parete, la presenza di sali che affiorano in superficie o di muffe e funghi che ne comprometterebbero l’integrità. Può inoltre essere un utile strumento per valutare gli effetti a posteriori di un trattamento di restauro”.Ma il contributo maggiore di questo strumento alle opere d’arte, secondo la ricercatrice, è la progressiva abolizione della pratica del carotaggio. “Spero nell’immediata sostituzione di questa tecnica, che consiste nell’asportare un frammento dell’opera pittorica o cartacea per studiarne lo stato complessivo. È una sorta di biopsia, che però deturpa in modo irreversibile l’opera stessa che si vuole restaurare”. Con questo spirito sono stati già avviati due nuovi progetti europei, Papertech finalizzato alla conservazione di materiali cellulosici, e Eu-Art-tech dedicato invece agli affreschi, due iniziative che raccolgono il testimone del progetto Eureka appena concluso, per portare avanti ulteriormente l’impegno scientifico nel recupero del patrimonio culturale.

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