Per riuscire a creare in laboratorio fibre forti e resistenti come quelle della seta è necessario imparare meglio dai bachi e dai ragni. In particolare bisogna capire qualcosa di più sul meccanismo che regola la produzione delle proteine necessarie e la filatura in questi animali. Ne sono convinti Fiorenzo G. Omenetto e David L. Kaplan, ricercatori alla Tufts University (Massachusetts, Stati Uniti), come spiegano sulle pagine di Science.
Negli ultimi anni scienziati e ingegneri sono riusciti a creare la seta in organismi geneticamente modificati, come batteri, funghi, piante e animali. I ricercatori si sono avvicinati molto all’originale, ma hanno sempre ottenuto fibre sintetiche dalle proprietà molto meno attraenti rispetto a quelle delle fibre naturali. “La combinazione unica tra resistenza e flessibilità della seta naturale deve ancora essere raggiunta nei materiali generati da Ogm”, scrivono i ricercatori. “Ciò che in natura sembra un processo relativamente semplice, per la ricerca rappresenta ancora un mistero”.
Il “mistero”, spiegano Kaplan e Omenetto, consiste nel meccanismo che consente alle proteine della seta di raggiungere uno stato stabile nelle ghiandole degli animali. E’ a questo processo che la seta deve il segreto delle sue qualità: nella fase di sintesi, infatti, la proteina raggiunge una concentrazione incredibilmente elevata, alla quale la maggior parte delle proteine si aggrega, precipita e perde di funzionalità. Le proteine della seta, invece, non solo non precipitano, ma acquistano la loro unicità proprio grazie a questa fase.
“Finora – racconta Fiorenzo Omenetto, ricercatore italiano negli Usa da sedici anni – gli scienziati hanno capito che la seta è una proteina molto lunga e difficile da riprodurre, le cui caratteristiche possono variare notevolmente in base a fattori come la temperatura esterna e la velocità con cui viene prodotta”. Nessuno però è riuscito a capire ancora esattamente “cosa facciano i ragni e i bachi”. Si sa che la fibra non viene secreta, ma emessa da specifiche ghiandole in modi molto particolari. I ragni, ad esempio, la tirano con le gambe, mentre i bachi eseguono con la testa una strana danza (una specie di figura a otto) per creare i filamenti. “Malgrado queste conoscenze – aggiunge il ricercatore – ci sono ancora molti aspetti da capire per arrivare alla creazione ingegneristica di fibre profondamente simili alla seta”.
Riuscire a sviluppare in laboratorio fibre di questo tipo aprirebbe la strada a numerose applicazioni. “Già adesso la seta naturale, opportunamente purificata per evitare risposte immunitarie causate da alcune delle sue proteine, è usata in campo medico per i punti di sutura in alcune operazioni”, continua Omenetto. “Riuscire un giorno a produrla da piante geneticamente modificate, allo stesso modo con cui si produce il cotone, consentirebbe di utilizzarla negli ambiti più svariati: dalla realizzazione di dispositivi ottici alla riparazione di tessuti umani come legamenti e tendini”.
Riferimenti: Science DOI: 10.1126/science.1188936
Allontanarsi e avvicinarsi, protendersi e ritrarsi, sono aspetti primordiali della relazione tra sé e altro…
Coltivare il benessere psicologico per una delle categorie più stressate d’Italia, gli universitari: il programma…
No, non è per via degli effetti collaterali. Si tratta di una decisione aziendale dovuta…
Un viaggio attorno alla porzione di spazio-tempo più buia e misteriosa che conosciamo, fino ad…
Un gruppo di fisici dell’Università di Trieste (e di altri istituti) ha proposto una sorta…
Il colosso farmaceutico Johnson & Johnson pagherà 6,5 miliardi di dollari per chiudere le cause…
Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy.
Leggi di più