Il salmone sta perdendo omega-3

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(Credits: Choo Yut Shing/Flickr CC)
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(Credits: Choo Yut Shing/Flickr CC)

La quantità di omega-3 nel salmone atlantico di allevamento si è dimezzata negli ultimi cinque anni. È quanto sostiene Douglas Tocher che da anni si occupa di acquacultura alla Stirling University e ha recentemente pubblicato uno studio sul tema su Scientific Reports.“Fino a cinque anni fa bastavano 130 g di salmone per soddisfare il fabbisogno settimanale raccomandato di 3,5 g di omega-3; adesso bisognerebbe mangiarne il doppio per ottenere lo stesso apporto” ha raccontato Tocher alla Bbc.

L’omega-3 è un acido grasso che svolge l’importante funzione di preservare la membrana cellulare e che sembra avere un ruolo fondamentale nella riduzione del rischio di infarto e di ictus.

Il salmone atlantico d’allevamento rappresenta ad oggi la maggior fonte alimentare disponibile di omega-3; ne contiene più del salmone selvaggio. La ragione va cercata nel mangime usato per i pesci d’allevamento, che negli anni passati era composto per l’80% da acciughe, pesci grassi che contribuiscono all’alto contenuto di omega-3 al salmone d’allevamento. Negli ultimi cinque anni però il contenuto di acciughe nei mangimi dei salmoni è calato drasticamente scendendo ad oggi fino ad una percentuali del 20%.

“C’è una domanda crescente di salmone d’allevamento da parte del mercato. La pesca intensiva di acciughe non è più sostenibile e pertanto l’industria del pesce ha dovuto modificarne il contenuto nei mangimi.” ha aggiunto Douglas Tocher, continuando: “Se il pesce grasso non sarà reintegrato nella dieta dei salmoni d’allevamento, nei prossimi 10 si osserverà una drastica riduzione dei livelli di omega-3 nei salmoni. Bisogna perciò pensare ad una strategia a lungo termine per evitare che questo si rifletta in una drastica riduzione dell’apporto di omega-3 anche nella nostra dieta”. Da dove potrebbe arrivare la soluzione?

Sebbene in quantità di omega-3 più ridotte, sono disponibili alimenti di origine vegetale che ne costituiscono una buona fonte come gli spinaci o il cavolo, le noci e le arachidi oppure l’olio di colza e i semi di lino. Una strategia alternativa potrebbe quindi essere rappresentata dalla produzione su larga scala di colza geneticamente modificata con un maggior contenuto di omega-3.

Jonathan Napier della Rothamsted Research ad Harpenden ha già cresciuto queste piante nel Regno Unito, ottenendo buoni risultati ed è convinto che possa rappresentare una valida soluzione al problema. “La produzione di colza geneticamente modificata si può ottenere facilmente su larga scala. Inoltre, l’integrazione di omega-3 offerta dalla colza aiuterebbe a rendere più sostenibile l’allevamento di salmone e la pesca di acciughe. Purtroppo, mentre in Asia e in Usa oggi gli Ogm rappresentano una tecnologia consolidata, in Europa è ancora guardata con grande sospetto” ha commentato Napier.

I grandi produttori di pesce d’allevamento non sono però affatto d’accordo che questa sia la strategia migliore. “In un pianeta che conta di avere una popolazione di 9 miliardi di abitanti nel 2050 non è pensabile affidarsi all’agricoltura per la sua alimentazione ma bisogna piuttosto cercare di incrementare la produzione ittica. I consumatori saranno chiamati a fare una scelta molto importante nei prossimi anni” ha dichiarato Steve Bracken della Marine Harvest , una delle più grandi aziende produttrici di salmone atlantico d’allevamento.

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