OMS: i migranti non minacciano la salute degli europei

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(Credits: Coast Guard News/Flickr CC)

Garantire a migranti e rifugiati un’assistenza sanitaria adeguata non solo è un dovere umanitario ma è anche un vantaggio per i paesi ospitanti, in termini di salute pubblica e di economia. A dirlo è il primo “Rapporto sulla salute dei rifugiati e dei migranti nella regione europea dell’Oms”, presentato il 21 gennaio al Palazzo delle Nazioni a Ginevra da Zsuzsanna Jakab, Dg Oms Europa, e da Santino Severoni, coordinatore del programma Oms Europa sulla migrazione e la salute. Prodotto  in collaborazione con l’Istituto Nazionale Salute, Migrazioni e Povertà (Inmp) sulla base di oltre 13000 documenti, il report fotografa per la prima volta le condizioni di salute di rifugiati e migranti  nel Vecchio Continente,  e smentisce uno dei più comuni pregiudizi: quello secondo il quale i migranti e i rifugiati portino malattie dai loro paesi di origine. In realtà, sono loro a rischiare di più di ammalarsi, durante il viaggio o nei paesi ospitanti. Per questo andrebbe assicurato loro l’accesso alle cure.

La salute dei rifugiati e dei migranti in Europa

Con 53 paesi ed una popolazione complessiva di circa 920 milioni di persone, la regione europea dell’Oms si estende dall’Artico al Mar Mediterraneo, dall’Atlantico al Pacifico. Si stima che in questa area i migranti internazionali, in media, rappresentino quasi il 10% della popolazione, con percentuali variabili: dal 50% di Andorra e Monaco a meno del 2% di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Polonia e Romania. Contrariamente alla percezione di tanti autoctoni, in quest’area l’l’85% dei migranti e dei rifugiati sono ospiti di paesi in via di sviluppo, primo fra tutti la Turchia, che accoglie 3,5 milioni di rifugiati.

Il rapporto confronta lo stato di salute di migranti e rifugiati con quello delle popolazioni dei paesi ospitanti. Va detto che purtroppo non esiste un sistema per la raccolta di dati scientificamente validi e confrontabili. In molti casi,  le informazioni sono limitate e non sempre è possibile trarre conclusioni generalizzate.

Donne, giovani uomini, adolescenti e minori non accompagnati che arrivano nella regione europea dopo viaggi estremi spesso subiscono gravi conseguenze fisiche e psichiche. Nel complesso, tra i nuovi arrivati la mortalità risulta minore per neoplasie, disturbi mentali, malattie endocrine e dell’apparato digerente, ma è più alta per infezioni, malattie del sangue e cardiovascolari.

Le malattie infettive

Le malattie infettive sono le più documentate. Le cattive condizioni igienico-sanitarie e l’uso di acqua contaminata durante gli spostamenti, spesso in condizioni estreme, aumentano il rischio di infezioni (batteriche, virali o parassitarie), in particolare nei bambini, che potrebbero non ricevere tutte le vaccinazioni raccomandate.

Tra le malattie più insidiose, la tubercolosi, l’HIV e  l’epatite. La TBC non è sempre facile da diagnosticare e in molti casi può essere latente. In media l’8,2% delle diagnosi di tubercolosi nella regione europea dell’Oms è relativo a migranti o rifugiati, anche se tale percentuale varia a livello geografico. Nei paesi Ue – l’area economica europea – si arriva ad una percentuale del 32,7% e spesso si tratta di forme resistenti ai farmaci.

Rifugiati e migranti rappresentano il 21% delle nuove diagnosi di HIV nell’area europea Oms – il 40% nei paesi nell’area economica europea. Spesso la malattia è contratta nel paese di arrivo, e viene diagnosticata tardivamente rispetto ad altri gruppi a rischio. Le percentuali di infezioni da epatite B variano, a seconda del paese di origine, tra il 3 e il 9% in 31 paesi della regione europea dell’Oms.

Malattie non trasmissibili

La carenza di dati rende più confuso il quadro delle malattie non infettive. Alcune evidenze suggeriscono, una più bassa prevalenza per alcune malattie non trasmissibili. Ma le differenze con la popolazione locale spesso si attenuano con l’allungarsi della permanenza, come nel caso del sovrappeso e dell’obesità. In condizioni di povertà, la permanenza nei paesi di accoglienza aumenta anche il rischio di malattie cardiovascolari, ictus e cancro, a causa del cambiamento dello stile di vita.

Il rischio di ammalarsi di diabete mellito di tipo 2 è maggiore tra i rifugiati e i migranti, soprattutto tra le donne, con una comparsa in età più precoce. Per quanto riguarda le malattie cardiovascolari, la prevalenza ed il tipo di malattia sembrerebbe dipendere da fattori di rischio come etnia e status socioeconomico. Migranti e rifugiati provenienti da Asia meridionale e medio Oriente hanno un più alto rischio di ischemia cardiaca ed infarto rispetto alla popolazione ospitante dell’Europa occidentale.

Per quanto riguarda il cancro i dati sono ancora limitati. In generale è più basso il rischio di morte per tutte le neoplasie, tranne che per il cancro cervicale. È più probabile però che il cancro venga diagnosticato in fase avanzata, con esiti sanitari significativamente peggiori che nelle popolazioni ospitanti.

La salute mentale

Il processo di migrazione può essere molto stressante sia durante il transito sia dopo l’arrivo nel paese di accoglienza. Tuttavia, la prevalenza di disturbi mentali varia molto tra gli studi e i gruppi di popolazione. Il disturbo da stress post-traumatico è prevalente tra i rifugiati e i richiedenti asilo rispetto alla popolazione ospitante. Fattori di stress post-migrazione, come l’attesa per la richiesta di asilo, le condizioni socio-economiche inadeguate, la disoccupazione e l’isolamento, sono generalmente associati a depressione e ansia.

Salute sessuale e riproduttiva

Limitate sono le evidenze sulla salute sessuale e riproduttiva, con studi che mostrano risultati contraddittori. Alcuni studi trovano una maggiore prevalenza di infezioni trasmesse sessualmente in donne migranti e rifugiate, mentre altri studi non evidenziano differenze.

Numerosi sono i casi di mutilazione genitale femminile praticati sia nei paesi di origine che nei paesi europei, anche se una più lunga permanenza nel paese ospitante è spesso associata ad un rifiuto di tale pratica.

Sia bambini che adulti, maschi e femmine, sono vittime di violenza sessuale durante il viaggio e anche dopo il loro arrivo in Europa, ma i servizi di supporto sono spesso rivolti solo alle donne e collegati a problemi di salute riproduttiva.

Il rischio di esiti perinatali e ostetrici avversi, compresa la morte, risulta maggiore tra donne rifugiate e migranti, con una grande variabilità a seconda dell’area geografica di origine.

Perché la salute dei migranti è importante?

Rifugiati e migranti hanno, come tutti, il diritto umano fondamentale di godere dello standard di salute più alto raggiungibile. Ma, si legge nel report OMS, non si tratta per i paesi accoglienti solo di rispettare un dovere umanitario. Non consentire a rifugiati e migranti l’accesso a cure sanitarie eque può avere ripercussioni sanitarie negative per la comunità ospitante, e ostacola il raggiungimento degli obiettivi di salute globale. Secondo gli esperti dell’OMS, assicurare il diritto alla salute a migranti e rifugiati è una buona strategia di sanità pubblica a vantaggio di tutta la società, dal momento che i rifugiati e i migranti sani contribuiscono attivamente allo sviluppo della comunità a cui appartengono.

Più salute per tutti

Il rapporto indica le sfide prioritarie e fornisce raccomandazioni pratiche per migliorare le attività di promozione della salute, ponendosi come strumento per supportare azioni e decisioni future.

Il supporto sociale ai migranti e l’accesso ai servizi sanitari è molto variabile da paese a paese, tanto da dover richiedere spesso l’intervento delle associazioni non governative. Inoltre, la detenzione amministrativa dei migranti ha anche essa effetti negativi sulla salute, soprattutto sui bambini. Secondo linee guida internazionali, andrebbe usata come ultima opzione, invece è spesso praticata  anche quando esistono alternative.

Una copertura vaccinale subottimale – avverto gli esperti dell’OMS – può portare allo sviluppo di epidemie. È quindi fondamentale garantire a chi arriva le vaccinazioni di base per le malattie infettive previste dal programma nazionale del paese ospitante. Attualmente, solo alcuni dei 53 stati membri della regione europea hanno un programma di immunizzazione nazionale che include rifugiati e migranti, tra cui Francia, Svezia e Danimarca, ma non, ad esempio, Italia e Germania.

“Poiché i migranti e i rifugiati diventano più vulnerabili della popolazione ospitante, rischiando di sviluppare malattie trasmissibili e non trasmissibili”, ha detto Zsuzsanna Jakab durante la presentazione del rapporto a Ginevra “è necessario che ricevano un accesso tempestivo a servizi sanitari di qualità, come tutti. Questo è il modo migliore per salvare vite umane e ridurre i costi di trattamento proteggendo al tempo stesso la salute dei cittadini residenti”.

Riferimenti: Report on the health of refugees and migrants in the WHO European Region: no public health without refugee and migrant health (2018)

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