Salute

Coronavirus e scarpe e vestiti: come comportarsi una volta rientrati in casa

Sappiamo che il nuovo coronavirus Sars-CoV-2 si trasmette tramite le particelle di saliva a contatto con le mucose e che per questo mantenere la distanza di almeno un metro e lavarsi frequentemente le mani, insieme a tutte le misure indicate dal governo, com restare a casa, sono strumenti essenziali per contenere il contagio. Ma quando usciamo, per fare la spesa o per motivi di salute o necessità, dobbiamo stare attenti alle superfici e ai materiali con cui veniamo a contatto, come oggetti acquistati? E per quanto riguarda gli abiti? Abbiamo cercato di fare chiarezza con gli esperti: ecco come comportarci quando rientriamo a casa.

Scarpe e vestiti

“In generale un’abitudine igienica – ha spiegato a Wired Walter Ricciardi, componente italiano del Comitato esecutivo dell’Organizzazione mondiale della sanità e consigliere del ministro della Salute – prevede che quando si rientra da fuori si tolgano scarpe e vestiti e li si ripongano in ambienti dedicati, come un cassetto o uno scompartimento dell’armadio, e non ad esempio in cucina o in bagno, e poi che ci si lavi le mani con cura. Ma questo vale sempre e per la prevenzione di qualsiasi infezione più o meno grave”.

Tuttavia, è chiaro che in questo preciso momento storico, con la pandemia di Covid-19, l’attenzione e l’allerta sono elevate e un messaggio di questo genere può dare adito a interpretazioni non corrette o a un eccessivo allarmismo, se non addirittura a ansia. “Non è questo l’obiettivo del messaggio”, chiarisce Ricciardi. “Si tratta di una buona accortezza. Bisogna considerare che scarpe e vestiti sono un po’ come il nostro scudo, la nostra pellicola che ci protegge dall’esterno. Per questo, ma senza alcun allarme, sarebbe meglio toglierli e metterli da parte quando entriamo a casa, utilizzando indumenti diversi quando stiamo nella nostra abitazione. Il tutto rimarcando che oggetti e vestiti non sono fra le principali vie di trasmissione del virus”.

Inoltre, aggiunge l’esperto, non bisogna cambiarsi d’abito ogni volta che si esce. “Quando si va fuori si possono rimettere gli stessi abiti riposti nel cassetto o nell’armadio dalla precedente uscita”, specifica Ricciardi. “E non bisogna lavare ogni volta i capi indossati, fermo restando che anche utilizzare per lungo tempo le stesse maglie o maglioni non è una buona scelta”.

Gli altri oggetti

Non bisogna avere paura di un contagio da oggetti, come spiega Ricciardi. “Non è questo il meccanismo con cui ci si infetta. È bene ricordare – specifica – che il contagio tramite contatto da superfici, dunque anche da merci o altri oggetti, non rientra fra le vie principali di trasmissione del nuovo coronavirus, come hanno sottolineato le autorità. Non è un caso che proprio per questa ragione l’Organizzazione mondiale della sanità non abbia messo alcun veto alla circolazione delle merci”. Ma che al contrario, abbia raccomandato di lavare frequentemente le mani e abbia apprezzato le misure adottate dall’Italia per contenere il contagio. “Queste misure – aggiunge Ricciardi – sono gli strumenti essenziali e indispensabili per arrestare la diffusione del virus”.

Cosa dicono le ricerche

Uno studio in via di pubblicazione sul New England Journal of Medicine, ancora non peer-reviewed ma disponibile in preprint su medrXiv, ha indicato che il coronavirus Sars-CoV-2 potrebbe restare fino a 24 ore sul cartone e fino a 3 giorni su superfici di plastica e acciaio. La ricerca mette però in luce che nonostante questa permanenza, la concentrazione del virus – o meglio il suo titolo, ovvero la quantità di particelle virali presenti nel campione – risulta molto ridotta.

“Non si tratta di un elemento nuovo o che ci deve preoccupare”, ha sottolineato a Wired Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali. L’esperto sottolinea che ci sono altre evidenze sul tema, di cui uno studio sul nuovo coronavirus di cui abbiamo già parlato, che mettono in luce una potenziale permanenza del virus sulle superfici anche per qualche giorno. “Quello che conta rispetto al rischio di contagio – spiega Andreoni – al di là presenza del virus è la carica infettante o il titolo virale, cioè la concentrazione di virus presente e vitale, legata alla capacità di un dato campione di infettare ed essere alla base di un contagio. E lo studio in questione mostra che è molto ridotto, dunque anche l’abilità di infettare è bassissima”. Il dato conferma il fatto che le merci, come ad esempio i pacchi di cartone siano sicuri. “Ciò che rimane dirimente – conclude Andreoni – dopo aver toccato superfici e altri oggetti quando si è fuori casa, è il lavarsi frequentemente le mani e non toccare occhi, naso e bocca prima di essersi lavati le mani”.

Via: Wired.it

Leggi anche su Galileo: Coronavirus: quanto sopravvive su plastica, cartone e acciaio?

Credits immagine:Ben Shanks on Unsplash

Viola Rita

Giornalista scientifica. Dopo la maturità classica e la laurea in Fisica, dal 2012 si occupa con grande interesse e a tempo pieno di divulgazione e comunicazione scientifica. A Galileo dal 2017, collabora con La Repubblica.it e Mente&Cervello. Nel 2012 ha vinto il premio giornalistico “Riccardo Tomassetti”.

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