Scienza e società alla fine del Settecento

Ferdinando Abbri e Marco Segala (a cura di)
Il ruolo sociale della scienza (1789-1830)
Leo Olschky, Firenze, 2000
pp. VI-178, £36.000

Alla fine del Settecento, la scienza ha cambiato il suo rapporto con il potere politico e la società in generale. La professionalizzazione delle varie discipline e la loro istituzionalizzazione (processi mai indipendenti ma non sempre nello stesso ordine) hanno posto le basi perché la società potesse guardare alla scienza in cerca di risposte ai quesiti che venivano sollevati al suo interno.A questo periodo fondamentale per la nascita della scienza come noi la conosciamo, l’Università di Siena, nella sua sede di Arezzo ha dedicato nel maggio 1999 il convegno “Il ruolo sociale della scienza (1789-1830)”. La collana “Biblioteca di Nuncius” dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze, pubblicata dall’editore Leo Olschky, ne pubblica ora gli atti, in un volume che affronta un ampio spettro di argomenti. Così mentre l’introduzione di Paolo Rossi dà una visione d’insieme del complesso rapporto che si instaura tra scienza e società, gli altri autori illuminano diversi aspetti di questa relazione.

Parte dei saggi sono dedicati alla storia delle istituzioni (l’Accademia delle Scienze di Torino, l’Imperiale e Regio Museo di Fisica e Storia Naturale di Firenze, l’Accademia delle Scienze di Stoccolma, le Accademie minerarie), mentre altri hanno un taglio disciplinare: matematica, medicina, scienze fisiche, scienze della terra. Tutti sono però uniti dal comune denominatore di voler leggere questi temi nel loro appartenere a una società, con le sue leggi, il suo ethos scientifico, i suoi problemi. Se infatti è vero che “la fisica delle particelle o la genetica che si studiano in un dipartimento giapponese e in un dipartimento della Scozia e della Polonia sono la stessa fisica e la stessa genetica” (p.1), è pur vero che la sola Europa occidentale ha visto nel XVIII secolo il travolgente fiorire di scienza e tecnologia poi tradottosi nella Rivoluzione Industriale. Non necessariamente l’istituzionalizzazione della scienza ha reso un servizio alla ricerca dell’epoca. In Francia per esempio, l’eccessiva burocratizzazione del sistema accademico ha costituito un freno allo sviluppo scientifico, aiutata anche dalla censura napoleonica che ha colpito tutta la produzione culturale. Nondimeno, la creazione di università e accademie è stato un passaggio fondamentale perché l’Occidente divenisse il mondo tecnologizzato di oggi. Risiede quindi in questo tema l’interesse di questo volume, ma al tempo stesso ne rappresenta il limite. Nei saggi non si esce infatti dai confini del nostro mondo, anche se sarebbe interessante comprendere come in altre società, l’Islam e l’Estremo Oriente per esempio, la scienza si sia sedimentata nella cultura, o come al contrario sia stata tenuta in disparte.

Dal punto storiografico, il volume ha dunque la particolarità di mostrare i diversi approcci che si possono sviluppare nei confronti di un singolo soggetto, ben esemplificando la varietà e la vivacità intellettuale che caratterizzano la storia della scienza. Allo stesso tempo, viene attribuita una grande importanza alle fonti primarie, senza però rinunciare a proporre una prospettiva storica. Per chi ancora fosse convinto che la scienza viva in una “torre d’avorio”, segnaliamo il saggio “Fisiologia della ghigliottina”: ecco qui un esempio di come anche la scienza, e la storiografia scientifica, siano “carne e sangue” nel senso più vero.

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