Scimmie e umani, simili anche nell’invecchiamento

Un’infanzia pericolosa, un’età adulta relativamente serena e un lento invecchiamento: non è solo l’essere umano a dover fare i conti con questo ritmo di vita, ma tutti i primati. Lo dimostra uno studio pubblicato su Science e condotto da un gruppo di ricerca coordinato da Anne M. Bronikowski della Iowa State University, in Usa.

L’essere umano, rispetto agli altri animali, ha un’aspettativa di vita piuttosto lunga. In più, i suoi tassi di mortalità sono relativamente bassi nell’età adulta e tendono a crescere, lentamente, man mano che invecchia. Sino a oggi, queste caratteristiche erano considerate peculiarità della specie umana, ma non c’erano sufficienti dati demografici sui primati in natura da permettere un reale confronto tra i cicli vitali degli esseri umani e quelli delle altre scimmie.

A raccogliere un database abbastanza consistente ci sono riusciti 11 ricercatori sparsi nelle grandi riserve naturali del mondo, dal Kenya al Costarica, grazie a 226 osservazioni su 2800 individui. Le sette specie coinvolte nella ricerca, sulle quali è stata realizzata un’analisi comparata del ritmo di invecchiamento, della longevità e della mortalità, comprendono i lemuri del Madagascar, le scimmie del Nuovo (murichi, cebi) e Vecchio Mondo (cercopitechi dal diadema, babbuini), e antropomorfe come gorilla e scimpanzè. Dal confronto è emerso che per tutte le specie il rischio di morte è molto elevato durante l’infanzia, decresce in età adulta e torna ad aumentare nella vecchiaia. Inoltre, proprio come accade nell’essere umano, in molti gruppi i maschi hanno un’aspettativa di vita più breve delle femmine e sono soggetti a un tasso di mortalità più elevato in ogni fascia d’età. Con una principale eccezione:i murichi. In queste scimmie brasiliane, gli scienziati non hanno trovato differenze di genere nella longevità. Come mai? Secondo loro potrebbe dipendere dal fatto che, a differenza di altre scimmie, i murichi maschi non combattono per la partner perché non essendo più grandi delle femmine non hanno alcun vantaggio fisico su esse e quindi tollerano la promiscuità evitando così la violenza.

Le modalità di invecchiamento delle singole specie, osservano ancora i ricercatori, non sembrano avere una “coerenza” filogenetica. Sono uguali in gruppi evolutivamente lontani come proscimmie e scimpanzé. Quindi, è possibile che siano il frutto di pressioni ambientali legate all’habitat in cui vivono le singole specie.

Riferimenti: Science DOI: 10.1126/science.1201571

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