Scuola, sul merito i maschi fanno peggio

Lo scorso anno scolastico si è chiuso con un acceso dibattito intorno alla bozza di riforma del ministro Profumo, la quale, etichettata come “pacchetto merito”, si apriva all’insegna della capacità e del merito nelle scuole (art. 1). Proprio nell’incipit si richiamavano quali principi ispiratori gli obiettivi di Europa 2020 e l’art. 34 della Costituzione, individuando come finalità quella di contenere la dispersione e di riconoscere e premiare il merito quale forza trainante per il paese e per l’Europa e come mezzo più idoneo quello delle competizioni e delle valutazioni nazionali e internazionali, insieme con i percorsi di qualità nel rispetto dei criteri di trasparenza e pari opportunità.

Una bozza di riforma alla quale quasi all’unanimità le parti in campo hanno reagito negativamente, considerando altre le priorità della scuola.

È proprio così? Merito ed eccellenza sono strettamente connessi alla spinosa questione dei processi valutativi e, di rimando, alla questione nodale della qualità dei processi di insegnamento/apprendimento/valutazione. Per gli articoli 2-3 della bozza Profumo il merito è rappresentato dallo “studente dell’anno”, cioè colui (o colei!)
valutato più bravo nel contesto di ogni scuola (concetto relativo e contestuale), mentre gli eccellenti, sono
gli studenti classificatisi primi nelle competizioni o valutazioni nazionali e internazionali.

In effetti i due concetti, merito ed eccellenza, possono essere distinti: il merito è un concetto relativo e contestuale ma complessivo e riferibile a un percorso, ai risultati e all’impegno costruiti nel tempo, l’eccellenza
può anche essere settoriale e contingente.

Tale questione non è marginale nel dibattito pedagogico italiano. Il nostro sistema purtroppo registra ancora un disallineamento tra prassi di insegnamento, incentrate sulle conoscenze, e nuove indicazioni di insegnamento/apprendimento, finalizzate alla costruzione di competenze complesse: nella società della conoscenza non è tanto importante la quantità dei saperi piuttosto è importante la capacità di ricrearli, costruirli, e farne un uso funzionale e creativo.

Ebbene, in assenza di una tradizione didattica capace di realizzare esperienze formative finalizzate alla costruzione di talenti incentrati su tale competenze e alla individuazione di occasioni o strumenti
compensativi delle disuguaglianze sociali e culturali, la valutazione delle eccellenze basata sulla rilevazione di competenze complesse sarà inficiata dalle variabili sociali (segregazione orizzontale nella scuola) da quelle culturali (disuguaglianze territoriali e di tipologia di scuola) e anche dalle variabili di genere che fortemente influenzano i livelli delle performance individuali.

Nella scuola attuale la valorizzazione dei talenti attraverso le gare e le rilevazioni internazionali e nazionali rischia di selezionare solo chi ha costruito in altri contesti, sociali e familiari, la propria eccellenza. Infatti, le rilevazioni nazionali e internazionali e le competizioni disciplinari fotografano una scuola incapace di promuovere
equità sociale e culturale, individuando le differenze nelle e tra le istituzioni scolastiche come la maggiore criticità del sistema; anche gli ultimi dati Invalsi 2012, analogamente alle rilevazioni OCSE PISA e TIMMS, confermano il divario tra nord e sud e tra indirizzi di scuola secondaria, nonché il divario di genere a favore dei maschi in ambito scientifico e a favore delle ragazze in ambito linguistico.

Nello specifico delle gare di eccellenza, il gap di genere a favore dei ragazzi, sia in ambito scientifico che umanistico, è così polarizzato da risultare imbarazzante!

Cito alcuni dati delle competizioni più importanti per tradizione e rilevanza: il numero delle ragazze selezionate per la gara nazionale nelle Olimpiadi di Matematica dell’UMI (1) è sempre stato inferiore al 10% sin dalla prima edizione del ’96 (6%nell’ed. 2012), quello per le Olimpiadi di Fisica (2) è stato mediamente del 4% (0% nel 2000, 2% nel 2011 e nel 2012); la percentuale delle ragazze alle gare internazionali di Matematica del centro Pristem della Bocconi (3) decresce con l’aumentare dell’età dei partecipanti (dal 28% al livello della scuola media al 2% a livello universitario).

Anche nelle gare di cultura classica come il Certamen Ciceronianum (che si tiene ad Arpino, patria di Cicerone), gara internazionale di latino dal 1981, il vincitore è nella maggioranza dei casi maschio, femmina solo 9 volte in 32 edizioni. E tutto questo a fronte di numeri assoluti di presenza femminili maggiori in ogni ordine e indirizzo di scuola e in particolare nell’istruzione liceale. Le gare disciplinari, utilizzate o meno come strumento di selezione dell’eccellenza, meritano una riflessione approfondita anche per l’importanza simbolica che rivestono.

Una strategia integrata dovrebbe premiare il merito inteso come percorso, ma al contempo creare per tutti occasioni di promozione di eccellenze attraverso esperienze formative che permettano di sviluppare un interesse o un talento anche per chi deve ancora scoprire di averlo, promuovendo e creando occasioni di incontro con il mondo della ricerca scientifica. Occorre, inoltre, rivedere i meccanismi di accesso alle gare.

La maggior parte delle gare disciplinari prevedono una tassa di iscrizione (per scuola e/o singolo studente) e mediamente due livelli di selezione, ma raramente dettano alle scuole i criteri di accesso alle selezioni. Nel caso delle olimpiadi d’ambito scientifico o dei giochi internazionali di matematica la selezione a tutti i livelli avviene per merito (primi classificati in percentuale territoriale o per singola scuola). L’accesso però alla prima gara non è libero da condizionamenti di contesto e in alcuni casi è anche indipendente dalla volontà del singolo studente.

Chi opera nella scuola sa che le prassi più diffuse per il reclutamento degli studenti alle gare di primo livello sono due: su base volontaria (auto-candidatura) oppure sulla base della segnalazione del docente. Il dato nelle gare di livello successivo risente già quindi di una bassa percentuale di partecipazione delle ragazze nel primo livello a causa del “condizionamento di genere”, spesso inconsapevole, che agisce su docenti e studenti in modo sinergicamente negativo. I docenti ritengono che per le gare disciplinari le abilità innate dei ragazzi siano più importanti anche delle stesse competenze disciplinari maturate nel percorso scolastico e tendono pertanto a
segnalare i ragazzi. Dal canto loro, gli studenti maschi si auto-candidano in percentuale maggiore mmaginandosi adeguati anche in presenza di valutazioni scolastiche non eccellenti (per talento innato).

Le ragazze, invece, si sottraggono alla competizione a causa del meccanismo di “minaccia dello stereotipo”: gli atteggiamenti e le parole degli insegnanti non le autorizzano alla partecipazione anche in presenza di valutazioni scolastiche eccellenti (merito) (Colella, 2006) (4).

Le ragazze hanno mediamente un curriculum migliore (merito) in tutti gli indirizzi delle scuole secondarie, ma in assenza di esperienze settoriali significative (tirocini, stage o master classes) non avranno la possibilità di immaginarsi scienziate, non potendo ancora contare su una tradizione femminile nella scienza, o sul sentire comune, o sulla valenza simbolica dell’eccellenza. Esistono però anche esperienze sviluppate sulla scorta del principio del gender mainstreaming e di un approccio strategico ed integrato alle questioni gender sensitive con l’obiettivo di porre la promozione della parità tra i generi alla base di tutti i programmi e di tutte le strategie della politica, dell’amministrazione, dell’istruzione e dell’economia.

Esemplificativa è la gara nazionale «Un futuro nel mondo delle Nanotecnologie», che mira a stimolare la costruzione di talenti e interesse verso le scienze integrate valorizzando il merito, prevedendo, dopo un periodo di formazione e stage, la progettazione di un percorso di ricerca. Alla competizione sono ammessi studentese e studenti che nel terzo anno del corso di studi hanno conseguito la promozione alla classe successiva con merito: una votazione di almeno 8/10 nelle discipline scientifiche, una media di 80/100 nelle restanti discipline (esclusa l’educazione fisica), un voto di non meno 8/10 in condotta. Inoltre, è prevista una quota di genere: ogni istituto può iscrivere una quota di alunni proporzionale al numero di frequentanti nel rispetto della percentuale di genere dell’istituto stesso.

Nella prima edizione (2011) tutte le scuole partecipanti hanno chiamato l’istituto organizzatore per ricevere chiarimenti sulla questione della percentuale di genere formulando richieste di deroga. Penuria di ragazze? Esattamente il contrario: selezionando in base al merito non avevano un sufficiente numero di studenti maschi
da iscrivere! La quota si è dimostrata di fatto una quota azzurra!

Il risultato è stato che nella edizione del 2011 le ragazze partecipanti erano il doppio dei ragazzi, con un podio di vincitori costituito da tre ragazze ed un ragazzo (terzo posto pari merito).

Allora, valorizzare il merito costruendo per tutte e tutti opportunità ed esperienze che possano sviluppare curiosità, amore per la sfida, capacità di imparare dagli errori e soprattutto diffuse esperienze di scienza come pratica sociale.

Riferimenti: (1) http://olimpiadi.dm.unibo.it.; (2) www.olifis.it.; (3) http://matematica.unibocconi.it/giochi-
matematici/campionati-internazionali-di-giochi-matematici. (4) COLELLA P. (2006), «Autorizziamole
ad osare», in Mangia C., Colella P., Lanotte A., Grasso.

Questo articolo è stato pubblicato con il titolo “Con la meritocrazia servono quote azzurre” sul numero di ottobre di Sapere. Ecco come acquistare una copia della rivista o abbonarsi on line.

Credits immagine: Old Shoe Woman/Flickr

5 Commenti

  1. Io penso che non esista il merito, per esperienza il mio fiuto mi dice che le persone hanno simpatia e poi il merito è un fatto personale per una persona puoi essere la migliore del mondo e per un’ altra potresti non andare bene!

  2. Davvero non capisco… Se c’è una cosa trasparente ed obiettiva è il test di selezione per le olimpiadi della matematica: è un quiz a cui può partecipare qualunque studente lo chieda, è uguale per tutti, e passano coloro che ottengono i punteggi più alti. Punto.
    Davvero non vedo in che modo potrebbe essere attuata una “discriminazione di genere” o una qualsiasi altra discriminazione.

  3. Lo dice l’articolo che la discriminazione non è nel test ma all’epoca dell’iscrizione e in realtà anche prima. Ci sono molti studi che dimostrano come le aspettative influenzino le performance (vedi anche effetto Pigmalione) e se le aspettative degli insegnanti sono che le femmine siano scarsine in matematica e dunque non iscrivibili, malgrado abbiano provato di avere un elevato merito complessivo, queste per prime non si iscriveranno perché convinte che l’opinione dell’adulto sia una realtà ineluttabile, questo per quanto riguarda le autocandidature. Per quanto riguarda le segnalazioni dai professori, è già detto: i professori segnalano prevalentemente i maschi.
    Al di là di tutto, considera che le discriminazioni di genere come altre discriminazioni agiscono subdolamente nella testa di chi le attua e di chi le subisce. Entrambi finiscono per considerle idee fondate invece che pregiudizi. Bisogna costruire una consapevolezza che per il sessismo è ancora debole e infatti il sessismo raramente viene condannato dai media, che al contrario spesso lo usa e sostiene, o nella vita reale. Nella scuola vive e vegeta in molti aspetti, compresa la letteratura e gli esempi sono numerosi, dunque il percorso discriminatorio su base di genere da parte degli adulti e dei giovani comincia molto prima dell’iscrizione alle gare di matematica e coincide grosso modo con: i maschi vanno bene nelle scienze e le femmine nelle lingue. Molti miei colleghi hanno questo pregiudizio.

  4. Dal 2005 ha luogo una “non competizione” sponsorizzata dalla European Physical Society. Si tratta delle Masterclass di fisica. A Pisa abbiamo avuto tra i 30 ed il 60 studenti/anno. Una analisi di genere ha evidenziato che le ragazze, per quanto meno “confidenti” dei ragazzi, apprezzano (e cercano) uno spazio di contatto con ricercatori/ricercatrici. Il problema di avvicinarle e’ pero’ forte. Al di fuori di contesti nei quali si sentono “rassicurate” (scuola, famiglia) non se la sentono di “osare” (non e’ quello che e’ loro richiesto).
    L’analisi dei dati (con cifre e tabelle) e’ stata presentata a “Comunicare Fisica 2010”. Il contributo si trova in
    http://www.pi.infn.it/~giorgio/didattica/cf2010-chiarelli-leone.pdf

    I proccedings completi sono apparsi nella serie Frascati Physics Series dei LNF dell’INFN.

  5. Credo finalmente di aver compreso la tesi dell’articolo: Ci sarebbero meno femmine partecipanti alle olimpiadi della matematica perché condizionate e fatte sentire “inferiori” ai maschi in quel campo.
    Bé, questa tesi mi trova in totale disaccordo, forse perché ho avuto un’esperienza completamente diversa da quella che lei e l’articolo descrive:

    Inizio col dire che dal primo anno delle elementari fino all’ultimo delle superiori,i miei insegnanti di matematica sono SEMPRE state donne; non ho mai assistito a pressioni da parte dei prof. per inibire o scoraggiare le studentesse in quel senso perché femmine (e vorrei vedere). Ora, a me risulta che gli insegnanti di sesso femminile nel ciclo primario, come si chiama adesso, siano una maggioranza piuttosto schiacciante, per cui non vedo come potrebbero mettere in atto quei condizionamenti psicologici descritti, a meno di non sostenere che un’insegnante di matematica donna abbia dei pregiudizi riguardo alle donne che studiano matematica… ovviamente assurdo.

    Sempre per citare la mia esperienza, durante il primo anno delle superiori, il test di selezione per i giochi di Archimede fu fatto svolgere a tutta la classe Per gli anni successivi, invece era su base volontaria senza alcuna restrizione. Per altro se si fosse applicata una selezione in base al “merito” (che immagino voglia dire voti alti) il sottoscritto ad esempio, con la sua mera sufficienza, sarebbe stato scartato a priori, e non avrebbe mai saputo di essere invece portato per certe cose, per cui ci andrei cauto nel sostenere che le olimpiadi della matematica dovrebbero essere orientate a selezionare i partecipanti in base al merito scolastico.. anche perché chiunque vi abbia partecipato sa che i quiz sono di struttura ben diversa dai classici problemi di matematica dati in classe.

    Sul fatto che vi siano molte meno femmine rispetto ai maschi, confermo (almeno nella mia modesta esperienza, dato che non sono mai andato oltre la fase regionale 😛 ). Ma questo, a mio parere, è dovuto semplicemente ad una questione di passione personale: il pregiudizio secondo il quale “i maschi vanno bene in matematica, le femmine nelle lingue” è dovuto al fatto che mediamente le discipline tecnico-scientifiche sono preferite in maggior parte dagli studenti che non dalle studentesse. Discorso opposto per, ad esempio i corsi di lingue. La differenza sta quindi nel numero, non nel rendimento.

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