Se il disagio si esprime nel corpo

Laura Dalla RagioneLa casa delle bambine che non mangiano. Identità e nuovi disturbi del comportamento alimentareIl Pensiero Scientifico Editore, 2005pp. 158, €16,00Quello del comportamento dell’alimentazione è un disturbo “patoplastico”, adattabile, flessibile ai decorsi storici. In altre parole l’attenzione esasperata all’immagine del corpo, da parte per esempio degli anoressici, il loro culto della magrezza, non è “la causa” della loro malattia ma piuttosto la forma attraverso cui un malessere profondo, grave, e strutturale si esprime e cerca di risolversi. In altre epoche le strade sarebbero state diverse, avrebbero portato a forme depressive o nevrotiche, a stati isterici o ansiosi, oggi invece che l’immagine della donna è al centro di messaggi pressanti e a volte contraddittori, il disagio si esprime nel corpo. “Anoressia e bulimia appaiono legate a valori e conflitti specifici della cultura occidentale, connessi in particolare alla costruzione dell’identità femminile e al ruolo familiare e sociale della donna”, scrive Laura Dalla Ragione, psichiatra e psicoterapeuta, responsabile di “Palazzo Francisci” a Todi, l’unica struttura pubblica sul territorio italiano che accoglie questo tipo di pazienti, nel libro in cui descrive la sua esperienza.Ad aumentare la difficoltà di chi è chiamato a intervenire c’è la comparsa sempre più frequente di disturbi mutanti, come dei virus, di forme di disordini alimentari difficilmente inquadrabili all’interno di una definizione. Tanto che l’ultima versione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali riporta una nuova categoria, quella dei “disturbi del comportamento alimentare non altrimenti specificati”. Tra anoressia e bulimia quindi si distendono tutta una serie di manifestazioni divise solo da una soglia quantitativa lungo una scala di severità clinica. Il caso da manuale è sempre più una rarità, e le forme ibride allungano le liste di attesa nei centri specialistici. Palazzo Francisci rappresenta quindi una particolarità, che presto verrà “copiata” anche in Basilicata. Forte, infatti, è il bisogno di residenze del genere: dal momento dell’apertura nel maggio 2003 sono state ricoverate 230 persone, di cui la metà provenienti dall’Umbria, mentre l’altra metà da tutta Italia, in prima battuta da Toscana, Lazio, Marche, dove sono presenti strutture ambulatoriali ma sono assenti strutture residenziali di cura. Il bacino di utenza si è poi allargato al Sud dell’Italia, particolarmente Sicilia e Puglia, dove i pazienti non possono fare affidamento neanche su un ambulatorio dedicati e la situazione si può definire davvero drammatica.Il modello di cura della Residenza umbra, ben spiegato nelle pagine del libro, è complessivo: garantisce un lavoro di tipo psicoterapico, un attento monitoraggio nutrizionale, e un lavoro con la famiglia della paziente, tanto più necessario quanto più la paziente è giovane. Sull’efficacia terapeutica tutti gli studi più recenti concordano con la maggiore capacità di cura di un trattamento combinato psicologico, nutrizionale, familiare, di un attacco congiunto e sistematico alla patologia, che aggredisca ed eroda su più fronti i fondamenti del disturbo. Nessuno spazio invece per psicofarmaci, sia per motivi etici – la maggioranza delle ospiti è minorenne – sia perché sono deboli secondo i professionisti di Palazzo Francisci le prove di un effettivo vantaggio terapeutico. Prima che di una terapia le bambine, ragazze, giovani donne descritte in questa pagine sono in cerca di un’identità e di un luogo a cui appartenere. Un luogo che a Todi riescono a costruire e ad amare.

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