Nel prossimo secolo il pianeta Terra sarà di fronte al potenziale pericolo dei cambiamenti climatici, come il riscaldamento globale, la crescita del livello del mare, la deforestazione, la desertificazione, la riduzione dell’ozono stratosferico, le piogge acide e la riduzione della biodiversità. Molte questioni scientifiche relative a tali problemi rimangono ancora oggi aperte. Per esempio, mentre è plausibile aspettarsi un futuro cambiamento climatico globale significativo (indotto dall’uomo o no), è molto piu difficile prevedere quali possano essere le ampiezze ed i tempi caratteristici di tali mutamenti. Il “clima”, parola greca che indica una inclinazione (del cielo), veniva usato dai geografi antichi per indicare le sette zone, dall’Equatore al Polo, in cui veniva suddiviso l’emisfero Nord. Nell’accezione moderna esso sta indicare l’insieme delle condizioni atmosferiche locali da cui dipende la vita delle piante, degli animali e dell’uomo. Nel linguaggio parlato spesso e sinonimo della temperatura percepita da ciascuno di noi. Sebbene quest’ultima definizione si discosti in modo rilevante dal suo significato scientifico, essa nasconde un contenuto di verità abbastanza vicino alla realtà.
Senz’altro la temperatura superficiale della Terra è un buon parametro per determinare le condizioni climatiche di una certa regione. Di sicuro, se indichiamo per Roma una temperatura di 30 °C siamo certi di essere in estate e non in inverno; d’altra parte l’occorrenza di più giornate con temperature al di sopra di una decina di gradi ben descrive un inverno mite e così via. Tuttavia, per non fermarsi solamente all’aspetto descrittivo dell’argomento in oggetto ed affrontare invece il problema in modo più quantitativo occorre conoscere i processi fisici che determinano la temperatura della Terra. A tale scopo descriviamo il sistema fisico che determina il “clima”.
Come sappiamo il nostro pianeta e il terzo dei pianeti interni del sistema solare ed e a circa 150 milioni di km (d) dal Sole, il quale, a parte i flussi geotermici trascurabili, costituisce l’unica sorgente di energia per il pianeta. Come sappiamo il Sole, a causa delle reazioni nucleari che avvengono in esso, sprigiona una quantita pressoché costante di energia elettromagnetica pari a 3.9×1026 W (detta “luminosita solare” Lo). La densità di flusso solare alla distanza media Terra-Sole è di circa L0/4p d 2)=1367 W/m2. Essa viene detta “costante solare” e qui noi la indicheremo con S o. Dalla Figura 1 la quantità di radiazione che è a disposizione della Terra R m risulta essere:
R in = S op r 2 (1)
Questa energia è a disposizione del sistema che la utilizzera per innalzare la sua temperatura. Tale innalzamento proseguirebbe indisturbato se non esistesse una legge fondamentale della fisica per cui un corpo ad una certa temperatura T (espressa in gradi Kelvin; per ottenere i gradi centigradi corrispondenti basta sommare algebricamente T 0 = 273.16, sapendo che lo 0 °C corrisponde proprio a T 0) emette radiazione. Il calore avvertito in presenza (ma non a contatto con) di una sorgente termica ne è testimonianza. Per cui la Terra investita dalla radiazione solare riemettera verso lo spazio esterno una porzione della radiazione incidente R out. All’equilibrio, ossia quando non vi sono variazioni di temperatura apprezzabili, si ha:
R in – R out = 0 (2)
Per calcolare la temperatura di equilibrio si può ragionare come segue. R out deve essere una funzione f della temperatura del sistema moltiplicata per la superficie del pianeta. Tale funzione è fissata dalla seguente legge fisica. Supponiamo di avere una cavità in equilibrio termodinamico caratterizzata da una certa temperatura superficiale Ts. Tale cavità irraggerà energia in modo univocamente determinato dalla temperatura della superficie ed indipendentemente dal materiale di cui essa è costituita. Tali corpi vengono chiamati corpi neri, nel senso che essi emettono esattamente la quantità di energia che assorbono. Sebbene sia difficile trovarne, i corpi neri perfetti emettono obbedendo alla legge di Stefan-Boltzmann:
f(Ts) = s T 4s
dove s = 5.67×10 -8 W/m 2 K -4 è la costante di Stefan-Boltzmann.
Supposto che la Terra si comporti come un corpo nero, applicando la relazione (2) si ottiene:
S 0p r 2 = s T 4s4 p r 2
ossia bilanciando i flussi si ha:
(4)
Prima di calcolare la temperatura T s consideriamo gli effetti che l’atmosfera e la superficie terrestre hanno sulla radiazione incidente. E’ ovvio che parte di essa sarà riflessa verso lo spazio esterno, sia per la presenza di nubi che per le proprietà riflettenti della superficie. Tale effetto può essere quantificato osservando il flusso solare entrante ed il flusso uscente al margine superiore dell’atmosfera. Le medie annuali di tali flussi sono mostrate rispettivamente in Figura 2a e Figura 2b. La figura 2a mostra l’uniformità lungo la longitudine della radiazione solare incidente e come essa sia una funzione decrescente della latitudine (dall’Equatore al Polo). La figura 2b, invece, mostra notevoli dissimmetrie con massimi pronunciati nelle regioni equatoriali, le quali sono prevalentemente coperte da nubi. In particolare, si nota che la presenza di nubi, ghiaccio ed altro materiale riflettente, fa sì che in media solo il 70% dell’energia R inraggiunga effettivamente la superficie. Se indichiamo con A l’albedo, ossia il potere riflettente del pianeta, si ha:
R in = S o (1 – a) p r 2(5)
Per cui applicando la (2) ed esplicitando in termini della temperatura superficiale si ha:
con a = 0.3.
Tale temperatura è molto diversa da quella osservata in superficie (15 °C è la temperatura media annuale della Terra). Essa è vicina invece a quella dell’atmosfera a circa 10 km di altezza. La discrepanza tra la temperatura superficiale osservata e quella descritta dalle leggi fisiche sopra citate ha dato impulso a notevole lavoro scientifico che risale all’origine dello studio del comportamento termodinamico della materia. E’ chiaro che la maggiore semplificazione fatta è quella di pensare che tutta la radiazione alla superficie della Terra venga riemessa interamente verso lo spazio esterno.
Ciò sarebbe possibile se non vi fosse l’atmosfera che è un insieme di gas, e i gas, come tutti gli altri corpi, assorbono e riemettono isotropicamente la radiazione ricevuta. Il primo a pensare che l’atmosfera non dovesse essere trasparente alla radiazione terrestre è stato Fourier (1827) il quale ipotizzò che l’atmosfera dovesse funzionare come le pareti di una serra, cioè trasparente alla radiazione solare ma che impedisce il completo irraggiamento della radiazione terrestre. Sebbene le ragioni fisiche per cui una serra non disperde calore siano diverse, l’analogia è abbastanza corretta. In una serra, infatti, le pareti di vetro servono ad impedire che l’aria calda sollevatasi si disperda nell’ambiente esterno, mentre i gas in atmosfera impediscono alla radiazione terrestre di essere emessa con la temperatura della superficie. Questo concetto fu chiarito ulteriormente da Langley (1884) che da sue misure dedusse che l’atmosfera dovesse avere necessariamente la qualità di assorbire selettivamente radiazione. Tuttavia è stato il chimico svedese Arrhenius (1896) a valutare per primo quantitativamente tale effetto per un gas particolare, “l’acido nitrico” (l’anidride carbonica), ossia il gas di scarico nei processi di produzione energetica su cui si basa il mondo industrializzato. Seguiamo il suo ragionamento.
Consideriamo la composizione chimica dell’atmosfera (Tabella 1). Arrhenius conosce i lavori di Tyndall, Heine, Ångström, Röntgen ed altri (egli cita l’Handbuch der Physik) in cui si mostrano come alcuni gas assorbano radiazione solo a certe lunghezze d’onda della luce (visibile ed invisibile). Da ciò egli deduce che solo i gas presenti in piccole tracce, principalmente CO 2 e vapor d’acqua, sono quelli sensibili alla radiazione terrestre (luce invisibile). Sebbene i valori di assorbimento di radiazione per i gas non gli siano disponibili, Langley, da dati raccolti, calcola la frazione di assorbimento di una atmosfera ad una certa temperatura che contiene quantita specifiche di CO 2 e H2O sotto forma di vapore. Ciò fatto egli assume che:
Rout 0 b sT4s 4 p r 2 (6)
dove b è un coefficiente che indica il potere di assorbimento della radiazione terrestre associato al vapore d’acqua e biossido di carbonio. Quindi, tramite la (2), è possibile calcolare facilmente la variazione della temperatura superficiale al variare di b, ossia, per esempio, della quantita di CO 2 presente nell’atmosfera mantenendo costante tutti gli altri assorbitori. Arrhenius trova che se la quantità di CO2 raddoppia, la variazione di temperatura può essere di circa 5 – 6 °K.
L’implicazione di questo risultato è ovvia ed Arrhenius la sottolinea. Infatti, dato che alle sorgenti naturali che rilasciano CO2 in atmosfera (vulcani, etc.) si aggiungono quelle associate alle attività umane, ne segue che la temperatura della Terra può essere modificata in maniera considerevole dall’uomo. E’ calcolato che, se la quantita di CO2immessa in atmosfera dalle attività dell’uomo continua a crescere al tasso odierno, in 100 anni la quantita di CO2 nell’atmosfera raddoppierà e quindi, secondo Arrhenius, la temperatura della Terra crescerà di 5-6 gradi.
Questa variazione non è trascurabile, dato che essa è paragonabile a quella registrata al passaggio da una era glaciale ad una interglaciale. Sono numerosi i lavori susseguitesi, in particolare quelli di Callendar (1938), Plass (1956), Kaplan (1960), Möller (1963), a quello seminale di Arrhenius. In essi l’effetto indotto dallo CO2 sulla temperatura della Terra viene calcolato tramite l’equazione (6) usando valori più realistici del coefficiente di assorbimento. Sebbene il valore del riscaldamento previsto vari, i risultati confermano le ipotesi di Arrhenius. Naturalmente, il sistema climatico non è mai nelle condizioni statiche così come è stato assunto da Arrhenius e da altri studiosi. Esso reagisce, infatti, a variazioni esterne in modo dinamico mettendo in atto una serie di retroazioni che possono modificare in modo vistoso gli effetti calcolati tramite la variazione statica di uno dei suoi parametri.
In particolare se si assume che la temperatura superficiale cambi, allora si possono ipotizzare le seguenti retroazioni:
1) variazione del contenuto di vapor d’acqua nell’atmosfera (una superficie terrestre più calda favorisce l’evaporazione);
2) variazione di nuvolosità (più vapore d’acqua in atmosfera vuol dire maggiore possibilità di condensazione);
3) aumento della convezione.
La temperatura dell’atmosfera nei primi chilometri decresce con la quota fino ad una altezza, la “tropopausa”, che viene fissata dall’interazione tra i processi convettivi dinamici e quelli radiativi. Per esempio, la teoria dei processi radiativi in atmosfera, anche nelle semplici ipotesi poste da Arrhenius, produce una variazione di temperatura con la quota superiore ai 9 °K/km. E’ facile dimostrare che, con tale gradiente verticale, la forza di Archimede a cui è sottoposta la particella d’aria superi quella di gravità. Perciò tale particella continuerà a salire trasportando la sua energia termica a quote più alte. Questo si può considerare il più importante processo con cui il sistema climatico si libera del calore. E’ presumibile che particelle più calde raggiungano quote più elevate, per cui il sistema si troverà in uno stato di equilibrio climatico in cui i processi radiativi e convettivi raggiungono un equilibrio statistico diverso. Infatti, siccome il sistema è termodinamicamente chiuso, ossia non scambia massa con lo spazio esterno, moti ascendenti implicano un flusso di ritorno discendente in modo tale che la massa totale risulti invariata. D’altra parte, i moti discendenti trasportano aria relativamente secca a quote più basse. Ne segue che è possibile compensare, tramite mescolamento, l’aumento di umidità assoluta dell’aria associata al riscaldamento superficiale.
Questi fenomeni sono molto complessi, e la loro descrizione quantitativa richiede una completa soluzione delle equazioni che governano il clima. Tali equazioni si applicano in qualsiasi punto geografico del sistema e la loro insita non linearità implica che l’effetto locale si propaghi su tutte le scale in cui avviene il moto. Tali equazioni sono impossibili da risolvere in forma chiusa e richiedono quindi una soluzione numerica. Ciò vuol dire che gli operatori che descrivono l’evoluzione del sistema devono essere discretizzati nelle quattro dimensioni di cui sono funzione (spazio e tempo). Così facendo, il sistema di equazioni originale viene trasformato in un sistema di equazioni algebriche la cui soluzione è possibile solo se siano note le condizioni iniziali del sistema.
Sebbene la tecnologia abbia messo a disposizione della comunità scientifica strumenti di calcolo numerico sempre più potenti, non esiste al presente un modello numerico che possa essere integrato per tempi sufficientemente lunghi con la risoluzione spaziale richiesta. Basti pensare che la convezione nell’atmosfera avviene su scale orizzontali di qualche decina di chilometri e temporale di pochi minuti, il che vuol dire che una corretta descrizione di questo processo e delle sue interazioni con le altre scale, richiede un grigliato il cui passo minimo deve essere di qualche chilometro orizzontalmente e di qualche centinaio di metri verticalmente. Siccome il sistema non ha confini laterali, l’influenza di un disturbo locale può propagarsi a grandi distanze, per cui il grigliato deve essere della stessa grandezza su tutto il globo.
Dato che la superficie della Terra è di circa 510×10 12 m 2, si richiede ad ogni livello verticale un numero di punti pari a 510×10 4. Supponendo di voler rappresentare anche la nube più sottile (di qualche centinaio di metri di spessore) occorre un grigliato tridimensionale dell’ordine di 2550×10 6 punti. Ricordando inoltre che la convezione in atmosfera ha tempi caratteristici dell’ordine di minuti, questo implica che il passo temporale deve essere dell’ordine di secondi. Tutto il sistema deve essere dunque integrato per centinaia di anni.
Questa è una impresa al di fuori della potenza di calcolo attuale, per cui non rimane che ricorrere a modelli, semplificati con risoluzioni spazio-temporali più contenute e in cui i processi locali vengono stimati su base teorica. I risultati più recenti ottenuti usando questi modelli confermano i risultati di Arrhenius, ma il tasso di riscaldamento previsto varia fortemente da un modello all’altro in funzione della particolare parametrizzazione usata per inglobare i processi di sottogrigliato.
Tuttavia, l’affermazione che all’aumento dei gas serra corrisponda un aumento della temperatura superficiale non può essere considerata come definitiva poiché, come abbiamo già detto, questi calcoli sono fatti a partire da assunzioni spesso lontane dalle condizioni naturali. Ovviamente, per rispondere al quesito posto da Arrhenius si puo ricorrere alle osservazioni. In Figura 3 viene mostrata la deviazione della temperatura superficiale media globale della Terra dal 1850 fino al 1997, rispetto alla temperatura media del periodo 1960-1990. Sebbene questi dati misurino molti effetti naturali e non, essi possono essere considerati come utile base per una discussione. Notiamo che tra gli anni ‘30 e ‘50 le variazioni di temperatura sono positive e dopo un periodo di declino sono ricominciate a salire. La differenza tra il valore piu freddo e quello piu caldo sfiora il grado. Questo potrebbe rappresentare un conferma della teoria del riscaldamento globale diArrhenius a meno di un fattore cinque nei valori numerici.
Nello stesso periodo (dal 1860 ad oggi), infatti, la concentrazione di CO 2 in atmosfera è cambiata di circa il 25% (da 270 a 350 parti per milione). Sfortunatamente tale conclusione non può essere tratta solamente da questi dati. Il “clima”, infatti, come testimoniano le ere glaciali, ha subito variazioni naturali dell’ordine di più gradi in periodi dell’ordine di qualche centinaio di anni. Per cui la variazione osservata potrebbe essere dovuta alla naturale evoluzione del sistema climatico che oscura totalmente l’effetto dovuto all’esclusivo aumento dello CO 2. In conclusione il “clima” della Terra e il risultato di un complesso di fenomeni descrivibili per mezzo di leggi fisiche che vanno dalla teoria di Maxwell della propagazione delle onde elettromagnetiche, alla meccanica quantistica, alle leggi della dinamica di Newton ed ai principi della termodinamica. La conoscenza dettagliata di come tali leggi riescano a descrivere i vari processi climatici non solo e proibitiva da un punto di vista simulativo, ma rimane sconosciuta anche per alcuni aspetti fondamentali quali i processi di interazione tra la dinamica del sistema e il trasporto radiativo. Le osservazioni a nostra disposizione non riescono a discernere il contributo dovuto alla variabilità naturale da quello indotto dall’aumento dei gas serra. Solo un approfondimento scientifico della teoria e delle osservazioni (meglio se fatto lontano dai clamori dei dibattiti giornalistici) ci permetterà di comprendere le cause della variabilità climatica e gli effetti che le attività umane hanno su di essa.
Bibliografia
Arrhenius S., 1896, “On the influence of Carbonic Acid in the Air upon the Temperature of the Ground”, Philosophical Magazine, No.41, p. 237-276.
Callendar G.S., 1938, “The artificial production of carbon dioxide and its influence on temperature”, Q.J.R. Meteorol.Soc, No.64, p,223-240.
Fourier, 1827, Mém. De I’Ac. R. d. Sci. De l’Inst. De France, t. vii.
Kaplan L.D., 1960, “The influence of carbon dioxide variation on the atmospheric heat balance”, Tellus, No.12, p.204-208.
Langley, “Researches on Solar Heat”, Professional Papers of the Signal Service, No.15., p.123 (Washington, 1884).
Möller F., 1963, “On the influence of changes in the CO2 concentration in the air on the radiation balance of the earth’s surface and on climate”, JGR, J. Geophys. Res., No.68, p.3877-3886.
Plass G.N., 1956, “The influence of the 15 carbon dioxide band on the atmospheric infra-red cooling rate”, Q.J.R. Meteorol.Soc, No.82, p.310-320.