Scoperto il segreto del profumo delle rose

Non lo vedete ma avete comunque percezione della sua presenza, a naso. Parliamo di un enzima, nascosto nei petali di rose, cruciale per conferire loro il caratteristico profumo. Si chiama RhNUDX1 e nello specifico favorirebbe la biosintesi del geraniolo, un alcol linfatico della famiglia dei monoterpeni presente in molte essenze estratte dalle piante. Del segreto del profumo delle rose – e di come restituirlo a quelle che lo hanno perduto – parla oggi uno studio pubblicato su Science.

La fragranza mitica delle rose

Il profumo delle rose ci affascina da sempre. Omero fece ungere da Afrodite il cadavere di Ettore con olio essenziale di rosa, mentre Dioscuride e Plinio ne descrissero già la preparazione. Negli annali dell’imperatore Akbar invece, scritti nel XVI secolo, la scoperta dell’olio essenziale di rose venne attribuita alla moglie dell’imperatore Giahāngīr, che fece raccogliere il velo di grasso (cioè l’essenza) che galleggiava nei canali dei giardini imperiali, alimentati con acqua di rose, chiamandola poi il profumo di Giahāngīr in onore del marito.

Quel che da sempre apprezziamo, la fragranza delle rose, è in realtà un composto di centinaia di molecole volatili. Ma perché alcune varietà fossero meno odorose di altre ancora non era ancora chiaro e alcuni ricercatori francesi, coordinati dall’Università di Lione e Saint Etienne, hanno provato a dare una risposta. Che avrebbe a che fare proprio con il suddetto enzima.

La scoperta

Secondo i ricercatori, infatti, il grado di profumazione di due varietà, come la Rouge Meilland e la Papa Meilland (rispettivamente poco e molto profumate) sarebbe dovuto alla diversa quantità di RhNUDX1 presente nel citoplasma delle cellule dei petali di rose. Nel caso delle varietà profumate l’enzima sarebbe fortemente espresso, mentre quasi silenziato (seppur presente) nelle altre.

La scoperta potrebbe avere ripercussioni molto positive soprattutto sulla fragranza delle cultivar, varietà ottenute tramite il miglioramento genetico che non sempre sono così profumate. L’idea infatti è quella di riaccendere il gene (e l’enzima) per restituire a quelle che lo hanno perso il loro odore, intervenendo così sulla profumazione degli infiniti ibridi esistenti al mondo.

Riferimenti: Science DOI: 10.1126/science.aab0696

Credits immagine: Mototaka Tsujima

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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