Semi sotto sequestro

In settimana la notizia è arrivata sino alle pagine dei quotidiani nazionali: la banca dei semi rari dell’Istituto di genetica vegetale del Cnr (Igv), a Bari, è a rischio. A causa di una complicata vicenda legata ai successivi accorpamenti e passaggi di consegna all’interno del Cnr, per diversi mesi nessuno è intervenuto per riparare un guasto all’impianto di refrigerazione, che deve mantenere a bassa temperatura le stanze in cui sono conservati oltre 84 mila semi che costituiscono la raccolta. La vicenda è ormai in mano alla magistratura barese, che ha ordinato il sequestro probatorio delle camere di conservazione, ed è stata innescata dalle denuncie dell’ex direttore della sede barese, Pietro Perrino, decaduto quando l’istituto è stato accorpato all’Istituto di genetica vegetale nel 2002. In quel momento, sarebbe mancato un vero passaggio di consegne sulla salvaguardia del laboratorio, che avrebbe prodotto la situazione attuale. Ora la situazione sembra in via di risoluzione, con la nomina di un sub commissario alla guida dell’Igv, Andrea Fasulo, e il ripristino dell’impianto di refrigerazione. Ma al di là del caso giudiziario, vale forse la pena di comprendere meglio l’importanza scientifica di questa raccolta. Istituita nel 1970 come Laboratorio del Germoplasma, fu tra i primi esempi in Europa di laboratorio dedicato alla diversità genetica vegetale. È diventato Istituto autonomo nel corso degli anni Ottanta con il nome di Istituto del Germoplasma, e nel 2002 con l’accorpamento di diversi istituti del Cnr è diventato parte dell’Istituto di genetica vegetale. Come spiega Domenico Pignone, responsabile della Sezione tematica Risorse genetiche vegetali dell’Igv da cui dipende la struttura, “negli ultimi 30 anni la struttura ha condotto molte missioni di raccolta di germoplasma (ovvero, il patrimonio genetico di un organismo vegetale) nell’intero bacino del Mediterraneo, ma spingendosi anche fino all’Africa subsahariana, in particolare in Nigeria e Somalia”. Inizialmente la raccolta riguardava soprattutto cereali di interesse agricolo, poi anche leguminose e specie selvatiche rare o in via di estinzione come cavolo selvatico, viola di Comolli e altri fiori rari. La raccolta di germoplasma è cresciuta molto anche grazie agli scambi e alle collaborazioni per le missioni di raccolta con altri istituti in Spagna, Germania, Nigeria, Siria. In totale, circa 100 missioni di raccolta che hanno fruttato 83mila campioni diversi per 600 specie. “Lo scopo dell’Istituto è fornire materiale genetico ai gruppi scientifici che ne facciano richiesta. In questi anni ha fornito campioni a diversi gruppi attivi all’interno dello stesso Istituto, che compiono ricerche sulla diversità genetica, in particolare sui rapporti tra specie selvatiche e specie coltivate e sulla possibilità di migliorare per incrocio le specie coltivate” prosegue Pignone. Ma la banca, una delle più grandi in Europa nel suo genere, è una risorsa importante anche per molti studiosi di altri Paesi, e fa parte di una rete internazionale di banche genetiche, il Consultive Group on International Agrcultural Research (CGIAR). E ora che accadrà? Il guasto all’impianto di refrigerazione, che secondo le accuse dell’ex direttore ha portato le temperature nelle stanze fino a 28 gradi rispetto agli zero prescritti per la conservazione a medio termine, e a 22 gradi contro i 20 sotto zero per la conservazione a lungo termine, che danni può avere provocato a questa preziosa risorsa? Secondo Pignone, l’allarme va, almeno per il momento, smorzato. “Per la conservazione del germoplasma è decisiva l’umidità, più che la temperatura. Una volta raccolto, il seme viene deumidificato fino a che il suo contenuto d’acqua non arriva tra il 5 e il 7 per cento. In queste condizioni può rimanere vitale anche per periodi molto lunghi, e sopportare grandi sbalzi di temperatura, perché a quel punto la poca acqua rimasta è legata alle strutture cellulari e non può più gelare o evaporare. Basti pensare, per fare un esempio estremo, alle piante del deserto, i cui semi sopportano sbalzi di temperatura da molti gradi sottozero a 50 gradi sopra lo zero senza subire danni, proprio perché l’umidità è bassissima. Insomma, evitare gli scambi di umidità con l’esterno è molto più importante della temperatura per conservare i semi, e quindi i nostri dovrebbero essere ancora in buone condizioni. Ma ovviamente questo è quello che andrà verificato nei prossimi mesi”.

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