Categorie: Salute

Sì, l’essere umano si sta ancora evolvendo

Non importa quanto siamo stati bravi a ridurre la mortalità e l’incidenza delle malattie. E nemmeno il fatto che abbiamo reso più semplice l’accesso a metodi contraccettivi e servizi medici, o che viviamo in case moderne e riscaldate. Anche se – almeno nel mondo occidentale – l’essere umano non deve più lottare per la sopravvivenza, una selezione naturale su base genetica è ancora in atto. Lo hanno scoperto gli scienziati della University of Sheffield, che in un articolo pubblicato sulla rivista Evolution, mostrando come i fattori antropici, ossia tutti i meccanismi riconducibili all’attività umana, non abbiano avuto un effetto determinante ed esclusivo – come molti ritenevano finora – sull’evoluzione. Quello che continua ad alimentare l’evoluzione à la Darwin, dicono i ricercatori, sono invece le differenze genetiche tra gli esseri umani.

Per scoprirlo, gli scienziati, coordinati da Elisabeth Bolund, hanno esaminato registri parrocchiali di nascite, matrimoni e morti per 10mila abitanti di sette villaggi finlandesi, la cui raccolta iniziò nel Diciottesimo secolo ed è tuttora in atto. In poco meno di due secoli, in effetti, siamo cambiati parecchio: i ricercatori hanno osservato, per esempio, che la mortalità infantile è passata dal 33% del 1860 al 6% del 1940, mentre il numero medio di figli per famiglia si è ridotto da 5 a 1,6. Ricostruendo gli alberi genealogici di ognuno, i ricercatori hanno cercato di quantificare l’impatto di fattori genetici e di influenze ambientali su tali variazioni, e quanto la modernizzazione della società abbia cambiato le caratteristiche vincenti da un punto di vista evoluzionistico.

Analizzando i dati, gli scienziati hanno scoperto che, tra il Diciottesimo e Diciannovesimo secolo, circa il 18% dei cambiamenti nell’aspettativa di vita, dimensione del nucleo familiare ed età alla nascita del primo e dell’ultimo figlio è stato influenzato dai geni – un effetto “piccolo, ma significativo”–, mentre il resto delle variazioni è stato guidato da differenze di tipo ambientale.

“È molto interessante”, spiega Bolund, “perché se sono stati fattori genetici a causare differenze in questi tratti, vuol dire che potrebbe essere ancora in atto un processo di selezione naturale su base genetica”. In altre parole, gli scienziati hanno mostrato che la componente genetica che regola il momento in cui è più probabile in cui si decida di iniziare una famiglia e la dimensione della famiglia che si formerà è aumentata rispetto ai secoli passati. Il che, a sua volta, vuol dire che le società moderne continuano a rispondere alla selezione naturale, e le differenze genetiche sono ancora le componenti che alimentano l’evoluzione in modo cruciale. “È possibile che nelle società moderne”, dicono gli scienziati, “abbiamo più libertà di esprimere i nostri geni individuali, perché le influenze sociali sono più rilassate, il che potrebbe causare il fatto che le differenze genetiche contano così tanto”.

I risultati della ricerca, spiega ancora Bolund, “potranno aiutarci a predire le risposte della popolazione a fenomeni come invecchiamento, epidemie e diminuzione della natalità”. Anche se, ammette, “è ancora molto difficile fare previsioni che vadano oltre poche generazioni, perché parliamo di cambi evoluzionistici relativamente piccoli. È possibile, per esempio, che in conseguenza al fatto che si mettono al mondo figli sempre più tardi, la risposta genetica porterà le donne a riprodursi più facilmente anche in età avanzata”. Ma ci vorrà parecchio tempo per capirlo.

Credits immagine: Paul Williams www.IronAmmonitePhotography.com via Compfight cc
Via: Wired.it

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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