Sintassi, un gioco che vale la candela

Il linguaggio dell’uomo è come la proboscide di un elefante: non è una provocazione, ma un paragone basato su ragioni fondate. Almeno stando a uno studio sul linguaggio condotto da un gruppo di scienziati dell’Institute for Advanced Study di Princeton (http://www.ias.edu/). I ricercatori del New Jersey sostengono, infatti, che la lingua umana, con la sua struttura articolata e complessa, è diversa da ogni altra forma espressiva. Esattamente come la proboscide rispetto alle narici di qualsiasi altro animale. Proprio come il sofisticato naso del pachiderma africano, il nostro linguaggio sarebbe il risultato di un lungo processo evoluzionistico che ha favorito una mente analitica e dotata di capacità relazionale. Non solo: esso rappresenterebbe anche la soluzione più vantaggiosa in termini di memoria. Attraverso un modello matematico che sfrutta la teoria dei giochi, in un articolo pubblicato questa settimana da Nature gli studiosi americani spiegano quali condizioni abbiano favorito nell’uomo l’emergere del linguaggio sintattico rispetto alle altre forme di comunicazione.

Il linguaggio degli animali è di tipo non sintattico. I versi che emettono comunicano una serie di esigenze (fame, pericolo, etc.). E ad ogni espressione acustica corrisponde un determinato messaggio. Il linguaggio umano, invece, è composto da diversi elementi – le parole – ciascuno dei quali ha un preciso significato, che è a sé stante. A seconda della posizione dei vocaboli, il senso di una frase può quindi cambiare anche radicalmente. Perché – come spiega su Nature lo stesso Martin Nowak, coordinatore della ricerca – il linguaggio umano consiste di componenti discrete, le parole, che conferiscono senso a un discorso in virtù del modo in cui sono collegate l’una all’altra.

L’uso della sintassi rappresenta un indubbio vantaggio per la nostra capacità espressiva. “Piuttosto che associare una parola ad un intero evento”, spiegano i ricercatori americani, “accoppiamo ogni parola a una sua componente (un soggetto, una azione, una relazione) e diamo a questi termini una successione che corrisponde al loro ruolo”. Prendiamo, per esempio, l’evento “il cane morde l’osso”. Naturalmente, non esiste un unico vocabolo per esprimere questo concetto, che richiede l’uso di tre parole messe in un determinato ordine: prima il soggetto, poi il predicato, infine il complemento oggetto.

“La sintassi”, scrive Nowak su Nature, “consente all’uomo un notevole vantaggio: quello di poter esprimere una gran varietà di concetti basandosi su un uso infinito di mezzi linguistici finiti”. Quest’ultima citazione, presa in prestito dal filosofo tedesco von Humboldt, consente al ricercatore dell’Institute for Advanced Study di fare un ulteriore passo avanti: se il passaggio alla comunicazione sintattica ha rappresentato un gradino essenziale per l’evoluzione del linguaggio umano, le dinamiche di questo processo possono essere spiegate con la teoria dei giochi, la disciplina matematica che analizza il comportamento degli individui in particolari situazioni di interazione.

A parità di contenuti, la possibilità di procedere in maniera modulare, tipica del linguaggio sintattico, consente di ridurre notevolmente la quantità di vocaboli e di parlare anche di eventi per i quali non esistono ancora termini specifici. Ma, se non si fossero verificate determinate condizioni, pur essendo più sofisticata, la nostra lingua non avrebbe mai prevalso su quella animale. Come spiega Nowak, il linguaggio umano, infatti, proprio per la sua astrattezza, richiede un maggiore sforzo intellettuale: quello necessario per ordinare in successione le parole. Un impegno che si giustifica solo se i vantaggi che ne derivano sono superiori agli sforzi che richiede, ovvero, se superano una determinata soglia. Ed è proprio questo che si può calcolare in base alla teoria dei giochi: se il gioco vale la candela.

Il modello matematico studiato dall’équipe del New Jersey stabilisce una relazione esatta tra la soglia oltre la quale l’uso della sintassi diventa vantaggiosa e la quantità degli eventi da comunicare. “La soglia della sintassi viene oltrepassata”, concludono i ricercatori, “quando l’ambiente esterno viene percepito da chi vuole comunicare con una struttura di relazioni”. Perché questa capacità cognitiva, consentendo al soggetto “comunicatore” di collegare i termini secondo rapporti di relazione (soggetto, predicato, complemento), produce un vantaggio notevole per la memoria. Una volta acquisita la capacità di combinare tra loro le parole, infatti, il numero dei termini da tenere a mente per un “comunicatore” sintattico corrisponde alla loro somma. Mentre per un “comunicatore” non sintattico è molto maggiore, addirittura pari al loro prodotto. Il linguaggio sintattico perciò è il risultato di un processo evoluzionistico, che ha favorito una mente analitica e dotata di capacità relazionale.

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