Sochi 2014, la fisica dietro il curling

Pietre di granito e scope. Per giocare a curling altro non è necessario (ok, esclusa tecnica e allenamento). Uno sport che un tempo si faceva con le pietre dei letti dei fiumi, ma che con gli anni (secoli, visto che il curling non è così giovane) è diventato sempre più tecnologico, anche grazie alle conoscenze di fisica (seppure parziali e per alcuni tratti ancora misteriose) che regolano il modo in cui le stones scivolano sul ghiaccio. Ma cosa succede quando si lancia una di queste pesanti (poco meno di 20 kg) pietre?

Scientificamente parlando, il curling si basa sulla frizione, ossia sullo sfregamento tra due parti: la pietra e il ghiaccio (o la scopa e il ghiaccio). Come tale quindi la grandezza fisica dell’attrito gioca un ruolo fondamentale nella disciplina, che ruota tutto intorno al creare e diminuire la frizione a proprio vantaggio. Detto questo, va ricordato che i campi per il curling non sono completamente lisci, ma presentando di piccoli granelli, creati spruzzando dell’acqua sulla superficie (acqua che poi congela). D’altra parte la pietra del curling non è piatta inferiormente, ma presenta una piccola rientranza, creando così una sorta di sacca d’aria e limitando il contatto con la pista.

Ma come si ottiene il movimento del curling, ovvero la roteazione della pietra e al tempo stesso il suo percorso in avanti? Come fa la pietra a roteare mentre si muove in un’altra direzione? Un’idea è che vi sia un accumulo asimmetrico della frizione: maggiore dietro (rispetto alla direzione del movimento) che davanti. Scrivono infatti dalla University of Utah: “Se, per esempio, una pietra viene spinta in avanti con una leggera torsione in senso orario, i corpi estranei presenti sul ghiaccio saranno spinti verso il lato destro della pietra. Anche ogni strato di liquido che si forma dalla pressione e dall’attrito spinge l’acqua sul lato destro della pietra, riunendola  leggermente su un lato. Ciò significa che sul lato destro e anteriore della pietra c’è più lubrificazione prodotta dal ghiaccio sciolto, così la pietra nel suo complesso sperimenta un coefficiente di attrito asimmetrico”.

Un’altra spiegazione sul movimento del curling arriva dalla Uppsala University. Alcuni ricercatori infatti lo scorso anno hanno proposto la seguente tesi per spiegare il percorso della pietra, che sarebbe dovuto alle microscopiche rugosità presenti sulla stone, che a sua volta producono graffi microscopici sul ghiaccio. Il curl(roteare) della pietra in questo modo si autoalimenterebbe, dal momento che al suo avanzare le altre rugosità presenti su di essa tenderebbero a seguire i microscopici graffi prodotti prima dalle rugosità localizzate nella parte anteriore.

Ovviamente anche il lavoro delle scope contribuisce al movimento. L’attività delle scope è infatti quella di aumentare la temperatura del ghiaccio in modo che il coefficiente di attrito diminuisca. In modi diversi: o spazzando più tenacemente (per produrre subito più calore) o più velocemente, così che le porzioni toccate dalla scopa si soprappongano, e ottenere un maggior riscaldamento in questo modo (dal momento che più ci si avvicina alla temperatura di fusione del ghiaccio, più diminuisce l’energia necessaria a scioglierlo). Indipendentemente dalle tecniche adottate, sfruttare opportunamente la forza di attrito può permettere di estendere notevolmente il percorso che una stone può fare.

Via: Wired.it

Credits immagine: Kuba Bożanowski/Flickr

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