Categorie: Società

Spiegare, curare e manipolare la mente

Steven RoseIl cervello del ventunesimo secolo. Spiegare, curare e manipolare la menteCodice Edizioni, 2005pp. 397, euro 29,00È il cervello a farci umani? E quali sono le caratteristiche di questo processo di umanizzazione? “Il cervello del ventunesimo secolo” è il tentativo, argomentato e convincente, di dare una risposta a tali quesiti. Rose affronta il problema in primo luogo in modo evolutivo: cosa ci distingue dagli altri organismi negli alberi filogenetici? La risposta è necessariamente vaga, ma sappiamo che i processi biochimici che il nostro organismo utilizza sono gli stessi presenti nei batteri, e che nei vertebrati i neuroni sono pressoché tutti uguali. L’evoluzione ci ha portati insieme a tante altre specie fino a un punto dal quale l’essere umano ha fatto uno scatto in avanti: i cervelli grandi e con proporzioni diverse hanno aperto la strada a cervelli “altamente plastici ed adattabili”, di cui probabilmente il possesso di una mente e di una coscienza così sviluppate è una sorta di effetto collaterale. Questa è solo la prima parte della storia: cosa ci ha reso umani come specie, nella filogenesi. Ma poi si diventa umani nel senso di persone. È un processo molto lungo, che coinvolge non solo lo sviluppo anatomico corretto, ma anche la creazione di una dimensione emozionale e relazionale che permetta all’individuo di condurre la vita all’interno della società. Per analizzare questo processo di crescita è quindi necessario tenere insieme mente e cervello, cioè la componente biologica e quella psicologica. Né una riduzione alla sola biologia, né una spiegazione solamente psico-sociale, sono vie praticabili per una reale comprensione – se possibile – della mente. Si innesta qui un altro filone di narrazione: la storia delle neuroscienze, cioè dei modelli esplicativi che di volta in volta sono stati utilizzati per descrivere e analizzare il funzionamento della mente e le sue relazioni con il cervello. Uno sviluppo storico che ovviamente ha visto la nascita e il tramonto di molte mode, influenzate ogni volta dall’ultimo ritrovato tecnologico in grado di carpire i segreti dell’individuo. E la tecnologia non è assolutamente strumento neutro: come giustamente fa notare Rose, “con un martello tra le mani, qualsiasi cosa appare più o meno come un chiodo”. Inoltre, l’uso di questi modelli si è legato sempre più anche alle pratiche mediche e psichiatriche, diventando anche specchio di opinioni extrascientifiche alla ricerca di conferme “oggettive”. Nel passato c’è stato il razzismo, soprattutto, mentre oggi è il mercato a spingere perché alcune ipotesi ricevano più attenzione e siano considerate dei fatti acquisiti. In particolare, è il determinismo biologico che sta diventando dominante, spinto da interessi enormi in campo farmaceutico. Trovare una causa biologica per tutto significa poter intervenire più facilmente con farmaci, integratori alimentari o tecnologie mediche per correggere un problema. Un mercato enorme per iniziative che spesso sono risultate controproducenti, data la complessità dei problemi affrontati. Si tratta quindi di prestare molta attenzione ai condizionamenti socioculturali impliciti nella ricerca: una definizione sempre più ristretta di “normalità” per esempio, ha contribuito in modo significativo all’aumento delle prescrizioni di farmaci psicoattivi, medicalizzando condizioni sociali che fino a pochi anni fa erano di competenza non del medico ma dello psicologo, o che una rete sociale diversa da quella attuale era capace di sostenere.Tutto ciò mostra che per il futuro le neuroscienze si caricheranno di responsabilità sociali sempre maggiori e ci porranno di fronte a nuovi problemi etici. Per esempio, riguardo la liceità di migliorare grazie ai farmaci le nostre prestazioni cognitive. Oppure, a proposito della responsabilità personale, una nozione destinata a modificarsi profondamente se si considera il comportamento inscritto nei geni. E ancora, da parte dei governi, usare una scorciatoia biomedica per evitare di farsi carico di oneri gravosi, quali l’istruzione o le iniziative per il mantenimento di un tessuto sociale. Sono sfide che la società occidentale, ricca e sviluppata, dovrà affrontare in tempi molto brevi. Magari anche avendo il coraggio di compiere cambiamenti di rotta radicali, resistendo alle pressioni del mercato, e orientandosi verso una ricerca realmente incentrata sui bisogni della popolazione.

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