I genitori che preoccupati per l’equilibrio psicologico della prole invocano una limitazione della violenza nei palinsesti televisivi potrebbero trovare alleati nelle agenzie pubblicitarie. Perché è presto detto: secondo uno studio pubblicato sul Current Directions in Psychological Science, pugni, cazzotti e sparatorie non giovano all’efficacia degli “spot” publicitari. Anzi è stato accertato che quelli inseriti all’interno di film violenti vengono dimenticati con estrema facilità. Quasi duemila individui intervistati, infatti, non hanno dimostrato alcuna familiarità con marche e prodotti apparsi sullo schermo tra una coltellata e l’altra. Gli stessi “consigli per gli acquisti” risultano invece più efficaci se proposti durante una commedia o un dramma che non prevede spargimenti di sangue. Insomma: la tensione emotiva causata dalle sequenze violente del film non viene minimamente allentata dalla visione di idilliache colazioni a base di merendine, dove buoni i cibi si accompagnano a buoni sentimenti. Né gli inviti a sorridere da parte di ultrasbiancanti dentrifici riescono a cancellare dalla mente dello spettatore l’efferatezza e l’aggressività delle scene viste in precedenza. Ecco allora che la memoria del consumatore fallisce di fronte all’acquisto, non riconoscendo il prodotto giusto. Una vera e propria catastrofe per i pubblicitari. Che potrebbero riuscire laddove non arrivano i comitati di genitori che lottano contro la violenza in televisione. Se infatti i film violenti venissero snobbati dagli inserzionisti, nessuna rete li manderebbe in onda. Al loro posto, molto meglio commedie, talk show e varietà politicamente corretti che formano un pubblico televisivo più sereno e preparato. Agli acquisti ovviamente. (g.d.o)
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