Stampa in 3D anche per i batteri

Come interagiscono tra loro i batteri? Cosa accade quando diversi esemplari, della stessa specie o di specie diverse, si trovano a condividere spazi confinanti? Per rispondere a queste domande, fondamentali per capire in che modo si sviluppano le infezioni e come nascono le resistenze agli antibiotici, un team di ricercatori guidati da Jason Shear della University of Texas di Austin ha pensato di ricreare strutture artificiali assemblando insieme diversi batteri. Attraverso la tecnologia della stampa in 3D. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Pnas. 

Quando si trovano assemblati insieme, infatti, i batteri si comportano in modo diverso da quanto facciano singolarmente, e possono diventare terreno difficile per il sistema immunitario e gli stessi antibiotici. Basti pensare alla placca, un biofilm di batteri legati saldamente insieme sopra i denti, o alle infezioni batteriche persistenti che interessano i polmoni delle persone affette da fibrosi cistica. Per questo, racconta Mashable, capire come interagiscono tra loro i batteri è fondamentale per far capire anche come far breccia nelle comunità batteriche e combattere le infezioni

Partendo da questo i ricercatori hanno ricreato dei modelli di comunità batteriche, attraverso la stampa in 3D, mescolando insieme dei microrganismi a una matrice gelatinosa. Successivamente gli scienziati hanno utilizzato un laser per modellare questi agglomerati di gel e batteri in diverse forme. Tra le specie utilizzate i ricercatori hanno scelto lo Staphylococcus aureus  (responsabile di intossicazioni alimentari e infezioni alla pelle) e Pseudomonas aeruginosa (responsabile di diversi tipi di infezioni), arrangiati rispettivamente a costituire il cuore e lo scudo delle strutture da loro create. 

Analizzando le resistenze delle sfere di comunità batteriche così costruite i ricercatori hanno osservato che lo Staphylococcus aumentava la propria resistenza all’ampicillina dal 40% all’80% quando avvolto dallo Pseudomonas e non da uno scudo vuoto. Infatti senza questa protezione strutturale lo Staphyococcus tornava a essere sensibile all’antibiotico, come spiegano gli scienziati: “Utilizzando questo approccio, abbiamo mostrato che la resistenza di una specie patogena a un antibiotico può migliorare la resistenza di una seconda specie in virtù del loro rapporto tridimensionale”. 

La tecnica messa in campo dai ricercatori quindi potrebbe permettere di capire in che modo i batteri devono essere raggruppati insieme e in che quantità perché comincino a comportarsi in modo diverso da quanto facciano singolarmente. Nella speranza di capire i segreti dei microrganismi e di riuscire ad aggirarli per combattere le infezioni.

Via: Wired.it

Credits immagine: estherase/Flickr

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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