Categorie: Società

Gli scheletri che raccontano la storia delle migrazioni a Roma

Mille viae ducunt homines per saecula Romam: la città eterna nel corso del tempo è stata meta di un numero incalcolabile di viaggiatori. Mentre la migrazione a Roma durante il periodo imperiale è stata ampiamente studiata da un punto di vista storico, sono ancora pochissime le ricerche condotte con un approccio “bioarcheologico”, fondato cioè sull’analisi biochimica di reperti ossei. Kristina Killgrove della University of West Florida, in USA, e Janet Montgomery della Durham University, nel Regno Unito, in uno studio su Plos One raccontano di aver ottenuto per la prima volta una prova fisica dei fenomeni migratori nella capitale, analizzando 150 scheletri umani rinvenuti nelle necropoli di Casal Bertone e Castellaccio Europarco, a pochi chilometri da Roma.

Le ricercatrici hanno valutato la presenza a livello dentale degli isotopi di due elementi, stronzio e ossigeno. Lo stronzio deriva dall’erosione delle rocce e nel corpo umano si ritrova soprattutto nelle ossa, accompagnandosi al calcio in molti processi biologici. Mentre gli isotopi di questo elemento possono dare informazioni sulla composizione del suolo, quelli dell’ossigeno, costituente fondamentale dell’acqua, variano in relazione alle precipitazioni, all’umidità e alla temperatura. Ogni area geografica, a seconda delle proprie caratteristiche geologiche, mostra quindi un particolare “assetto” nella combinazione di questi due elementi che si riflette sull’organismo di chi la abita, influendo su di esso prevalentemente durante la crescita.

Dei 150 scheletri studiati, 8 hanno mostrato caratteristiche anomale, legate alla loro provenienza: probabilmente la zona delle Alpi o una delle isole del mar Tirreno per alcuni, il Nordafrica per altri. In prevalenza giovani uomini e bambini, questi migranti erano probabilmente poveri o addirittura schiavi, se si considera la loro sepoltura in una necropoli (potrebbe stupire il fatto che nella Roma imperiale solo il 5% della popolazione era rappresentata da immigrati “volontari”, a fronte di un 40% costituito da schiavi). Gli isotopi raccontano anche che la loro dieta è cambiata una volta arrivati a Roma, adattandosi alla cucina locale che comprendeva soprattutto grano e alcuni legumi, insieme a carne e pesce.

Uno studio precedente, condotto da Tracy Prowse e collaboratori su reperti provenienti dalla necropoli dell’Isola Sacra, vicino alla foce del Tevere, aveva avuto un esito negativo” sottolineano Killgrove e Montgomery, e concludono “I nostri risultati testimoniano per la prima volta, attraverso prove biochimiche, fenomeni migratori nell’antica Roma. Sono però necessarie delle conferme: dovranno essere effettuate valutazioni più approfondite che includano l’analisi del Dna”.

Riferimenti: Plos One DOI: 10.1371/journal.pone.0147585

Credits immagine: Sam valadi/Flickr CC

 

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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