Categorie: AmbienteVita

Strategie di volo in alta quota

La distanza più breve tra due punti è una linea retta. Ma, come sanno le oche indiane, non sempre è quella retta la via migliore. E così, diversamente da quanto sarebbe logico pensare, questi pesanti uccelli che stazzano sui tre chili preferiscono seguire una traiettoria “a montagna russa”, con giri e rigiri, evoluzioni e cambi di quota, quando si trovano ad attraversare i massicci più alti del mondo.

Come l‘oca indiana (Anser indicus), anche detta oca dalla testa barrata, riuscisse con disinvoltura a volare più in lato di qualsiasi altro uccello, sopra il sistema Himalayano e l’altopiano Tibetano (per spostarsi dai luoghi di riproduzione in Mongolia al luogo di svernamento a sud-est del Tibet e dell’India), non era in effetti del tutto chiaro ai biologi. Più precisamente, gli studi condotti finora lasciavano pensare che questi animali fossero in grado di mantenersi al di sopra dei 7 mila metri, presumibilmente sfruttando il cosiddetto vento in coda. Ma le osservazioni riportate su Science dal team di Charles Bishop della Bangor University mostrano che le oche non viaggiano affatto a quella quota per tutto il percorso di migrazione.

Utilizzando rilevatori progettati su misura, i ricercatori hanno monitorato la pressione, l’accelerazione del corpo e la frequenza cardiaca di alcune oche: per il 98% delle osservazioni, gli animali sono risultati viaggiare sotto i 6 mila metri di altitudine: “Le due quote più alte, toccate in queste due sole occasioni, sono state di 7.290 m e 6.540 m, e 7 degli 8 record di altitudine sono stati toccati durante la notte, quando l’aria è più fredda e densa e, quindi, si riduce il costo energetico del volo”,ha spiegato Lucy Hawkes, tra gli autori dello studio.

Questo spiegherebbe perché le oche si muovono su traiettorie complesse, seguendo spesso quelle del territorio sottostante: adotterebbero questa strategia quando volare a quote alte diventa troppo difficile in quanto, diminuendo la densità dell’aria, si riduce la capacità di propulsione. Inoltre, più si va in alto più cala la quota di ossigeno (21% a livello del mare, l’equivalente al 10,5% a 5.500 metri, e l’equivalente del 7% al top del Monte Everest).
La media di volo tra i valori misurati è di 4.500 metri, con variazioni di oltre mille metri in un arco di 20 minuti.

Studi in laboratorio condotti tra il 2011 il 2012 avevano mostrato che questi uccelli possono volare ad alta velocità alle altitudini maggiori per circa 15 minuti, il che è in ogni caso sorprendente. I nuovi dati rivelano anche che la loro frequenza cardiaca media per il viaggio dalla Mongolia all’India è stata di solo 328 battiti al minuto, rispetto a valori di circa 450 bpm registrati nel vento o in rare occasioni in natura. Si tratta di un incredibile avanzamento nella comprensione della fisiologia di questi animali: “Come studi simili, anche questo studio porta a una conclusione: che gli animali sono molto bravi a trovare la soluzione più efficiente, dal punto di vista energetico, per vivere nel loro ambiente. Ogni animale ha i suoi trucchi”, conclude Terrie Williams, un fisiologo dell’Università della California di Santa Cruz.

Riferimenti: Science: DOI:10.1126/science.1258732
Credits immagine copertina:Bruce Moffat Photography

Tiziana Moriconi

Giornalista, a Galileo dal 2007. È laureata in Scienze Naturali (paleobiologia) e ha un master in Comunicazione della Scienza conseguito alla Scuola Superiore di Studi Avanzati di Trieste. Collabora con D la Repubblica online, Salute SenoLe Scienze, Science Magazine (Ed. Pearson), Wired.it.

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