Strategie perdenti

La riduzione dell’azoto nei laghi, in cui l’Unione Europea e molti altri enti nel mondo stanno investendo milioni di euro e di dollari, non porta a una diminuzione dell’eutrofizzazione. È il preoccupante risultato di un ampio studio, apparso su Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas), condotto dalle università di Alberta e del Minnesota e dall’Istituto Freshwater.

Stando ai dati del “Survey of the State of the World’s Lakes” (un’analisi sullo stato dei bacini condotta dall’International Lake Environment Committee), l’eutrofizzazione sta avendo un impatto globale, colpendo il 54 per cento dei laghi asiatici, il 53 di queli europei, il 48 di quelli nordamericani, il 41 di quelli sudamericani e il 28 di quelli africani. Il fenomeno consiste nell’aumento di sostanze nutritive nell’acqua (fondamentalmente per lavori nei campi e per gli scarichi industriali), con conseguenti proliferazioni di alghe che determinano la morte di molte specie animali.

Per capire quali interventi possono essere messi in atto per riparare in parte ai danni, i ricercatori hanno studiato per 37 anni il Lago 227, che si trova nell’Area dei Laghi Sperimentali (Ela) dello Scudo Canadese in Ontario, e hanno vagliato le migliori strategie per controllare i processi di eutrofizzazione variando i livelli di fosforo e azoto. “Quel che abbiamo scoperto va contro le teorie dell’Unione Europea e di diversi ricercatri di tutto il mondo”, sostiene David Schindler, tra gli autori dello studio: “Il controllo dei livelli d’azoto non migliorerà le condizioni dei laghi inquinati. Anzi, potrebbe persino peggiorare il problema”. (g.f.)

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