Vita

I primi naufraghi lunari? I tardigradi

Da grandi poteri derivano grandi responsabilità: lo sanno bene i minuscoli tardigradi, che per via della loro capacità di resistere alle condizioni più estreme sono stati addirittura imbarcati su una sonda spaziale e spediti sulla Luna. Una gita che, purtroppo, non si è conclusa nel migliore dei modi. Beresheet, creata dalla compagnia israeliana SpaceIL, sarebbe potuta essere la prima sonda privata a posarsi sul nostro satellite, e invece non ce l’ha fatta: lo scorso aprile si è schiantata sulla superficie lunare, assieme ai suoi microscopici passeggeri. Grazie alla loro incredibile resistenza, però, i tardigradi potrebbero essersela cavata anche questa volta. Almeno secondo Nova Spivack, ideatore della missione che ha portato i microscopici invertebrati sul nostro satellite, che in un’intervista rilasciata a Wired ha assicurato che i tardigradi presenti a bordo della sonda israeliana potrebbero essere sopravvissuti all’incidente. Candidandosi così, di diritto, al ruolo di primi naufraghi lunari della storia.

Un carico di conoscenza

Beresheet, oltre agli strumenti scientifici, aveva con sé un carico prezioso preparato dalla Arch Mission Foundation, organizzazione no profit fondata da Spivack allo scopo di disseminare le conoscenze e la cultura terresti nel Sistema Solare. Per l’occasione, la missione prevedeva il trasporto di un disco formato da 25 fogli di nichel dello spessore di pochi micron, su cui uno speciale laser aveva impresso le microscopiche immagini ad alta risoluzione di decine di migliaia di pagine di libri e più meno tutto l’archivio di Wikipedia. In aggiunta al carico originario, all’ultimo momento Spivack aveva deciso di inserire anche dei campioni di DNA e migliaia di tardigradi disidratati all’interno di uno strato di resina sintetica.

Tardigradi: campioni di resistenza

A dirla tutta, non è la prima volta che i tardigradi si trovano a viaggiare nello spazio. Da quando abbiamo scoperto la loro straordinaria resilienza, gliene facciamo passare di tutti i colori. Ma riescono sempre a cavarsela: sono sopravvissuti a temperature e pressioni estreme, ad alti livelli di radiazioni, alla mancanza di acqua e ossigeno e persino nel vuoto spaziale. In effetti, hanno anche partecipato all’ultimo volo dello shuttle Endevour, che li ha trasportati sulla Stazione Spaziale Internazionale nel 2011, dove le loro capacità di adattamento e resistenza alla microgravità sono state studiate da un equipaggio di cui faceva parte anche l’astronauta italiano Roberto Vittori. Insomma, come ha raccontato Spivack a Wired ci sono buone probabilità che i tardigradi a bordo di Beresheet abbiano superato anche lo schianto sani e salvi. E grazie allo strato di resina sintetica in cui erano contenuti, persino il disco di nichel potrebbe essere intatto o comunque ancora “leggibile”.

Inquilini sulla Luna

In questo momento, quindi, sulla Luna potrebbero esserci dei silenziosi inquilini. Ma è poco probabile che riescano a godersi il soggiorno. Se anche fossero vivi, infatti, sarebbero come in letargo: uno stato di dormienza in cui possono sopravvivere per decenni, ma da cui difficilmente si risveglieranno, viste le condizioni estreme presenti sul nostro satellite. E questa è una buona notizia per l’ambiente lunare, che in caso contrario verrebbe contaminato da specie aliene. Ai tardigradi non resta quindi che godersi il loro lungo sonno, nell’attesa che qualcuno vada a riprenderseli; Spivack non esclude che tra qualche decina di anni potremmo recuperarne ancora qualcuno vivo. Sarebbe l’ennesima conferma dei “superpoteri” di questi campioni della sopravvivenza.

Credit: Aditya Sainiarya/Wikipedia

Erika Salvatori

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