Tat, la via italiana contro l’Hiv

Ripristinare l’equilibrio del sistema immunitario in pazienti colpiti da Hiv. È una ricerca italiana a raggiungere questo obiettivo grazie al “vaccino Tat”. Si tratta di un vaccino terapeutico e non preventivo che va a colpire una proteina del virus, chiamata Tat. La fase II della sperimentazione è cominciata nel 2008 e i primi risultati, appena pubblicati su PloS One, mostrano che questo trattamento sembra essere efficace nel migliorare il quadro immunologico dei pazienti. A coordinare il il gruppo che sta sperimentando il farmaco è Barbara Ensoli del Centro Nazionale AIDS dell’Istituto superiore di sanità.

Oggi, la terapia antiretrovirale (Haart) riduce e tiene sotto controllo la carica virale nel sangue rallentando  l’evoluzione della malattia, ovvero il passaggio da una condizione di sieropositività a una di Aids conclamato. Tuttavia, il sistema immunitario dei pazienti trattati resta sempre in allerta e questo causa una condizione chiamata di “immunoattivazione”. “Si tratta di una sorta di ‘allarme continuo’ del sistema immunitario”, hanno spiegato i ricercatori, “ed aumenta il rischio di sviluppare una serie di gravi patologie epatiche, cardiovascolari e renali”.

Il nuovo trattamento è stato sperimentato finora su 114 pazienti, 27 nella fase I e 87 nella fase II, di età compresa tra i 18 ei 58 anni, tutti in terapia antiretrovirale, dislocati in 11 centri clinici della penisola. Ogni paziente riceve un ciclo di 3-5 somministrazioni nell’arco di un mese. Secondo i primi risultati, ottenuti dopo 48 settimane, la vaccinazione terapeutica è ben tollerata dai pazienti e continua ad avere effetti: una riduzione dell’immunoattivazione e un aumento delle cellule T CD4+ e dei linfociti B (responsabili della difesa dell’organismo). In questo modo contribuisce a ristabilire l’equilibrio del sistema immunitario completando l’azione della Haart.

I ricercatori vorrebbero ampliare il numero dei pazienti coinvolti in questa fase della sperimentazione arrivando fino a 160. Per far questo sono necessari, però, 21 milioni di euro: più meno la cifra spesa fino a questo punto e messa a disposizione dall’ISS e dal ministero della Salute.

 Riferimenti: PLoS One doi:10.1371/journal.pone.0013540

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