Come stiamo monitorando il rientro di Tiangong-1?

Tutti continuiamo a chiederci dove cadrà la stazione spaziale cinese. Le previsioni, aggiornate alle 13:13 (ora italiana) del 30 marzo, indicano come momento del rientro il 1° aprile alle 16:00 (ora italiana) con un range di incertezza pari a 16 ore prima o dopo tale orario. La verità è che Tiangong-1 viaggia ancora a un’altitudine di circa 180 km e fin quando non si avvicinerà alla soglia di 80 km di altitudine, non si potranno fare stime più precise. L’area dell’eventuale impatto al suolo, poi (che può interessare una striscia di terra lunga 2000 km e larga 80), potrà essere confermata solamente 40 minuti prima. E visto che gli esperti non escludono il rischio (per quanto minimo) di danni a cose o persone, una rete di osservatori in tutte le parte del pianeta è costantemente a lavoro per monitorare la traiettoria della stazione cinese, e restringere sempre più il possibile punto di impatto. Ma come si effettua un simile monitoraggio?

In Italia se ne occupa l’Asi, e più precisamente il Centro di Geodesia Spaziale Giuseppe Colombo di Matera: una struttura dedicata all’orbitografia di precisione, cioè al calcolo e al monitoraggio delle orbite di satelliti artificiali, che da qualche anno fa parte anche di una rete di monitoraggio riguardante i detriti spaziali (Space Surveillance and Tracking) accumulatisi durante le missioni che si sono succedute nel corso degli anni.

Come ci racconta Giuseppe Bianco, astronomo e responsabile del Centro, le attività di monitoraggio si effettuano utilizzando due diversi strumenti: il telescopio fotografico e la telemetria laser. “Il monitoraggio dei detriti spaziali solitamente avviene tramite un telescopio fotografico a grande campo che, per mezzo di brevi pose in porzioni di cielo di qualche grado quadrato, riesce a individuare dei piccoli segmenti luminosi sullo sfondo di stelle fisse. Tali segmenti indicano detriti spaziali ma è possibile individuare anche satelliti come la Tiangong-1”, racconta Bianco. “Attualmente, però, la stazione spaziale cinese è molto bassa ed è diventata difficile da seguire con questa tecnica in quanto il satellite è visibile solo per pochissimo tempo poco prima dell’alba e poco dopo il tramonto”.

È per questo che in queste ultime fasi i centri di monitoraggio, come quello di Matera, fanno affidamento su una seconda tecnica di rilevamento più precisa ma anche tecnologicamente impegnativa. “Parliamo della telemetria laser – continua Bianco – effettuata con il metodo Blind Tracking, che sfrutta degli strumenti riflettenti che spesso posseggono i satelliti, conosciuti come retroriflettori, presenti anche sulla stazione spaziale cinese. Sono strumenti che spesso vengono montati per altri scopi, come quello di consentire l’allineamento di una navetta che trasporta astronauti o rifornimenti con la stazione spaziale, ma possono rivelarsi utili anche in casi come questo: infatti, è possibile illuminare i retroriflettori dei satelliti con potenti raggi laser inviati da terra e, calcolando gli echi del raggio che giungono nuovamente allo strumento, è possibile calcolare l’orbita e l’evoluzione orbitale con una precisione millimetrica e questo è quello che al momento si fa anche per determinare l’orbita e l’altitudine di Tiangong-1”.

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