Un nuovo dispositivo per scovare le cellule tumorali nel sangue

Biopsia addio? Non proprio. Ma potrebbe essere un valido aiuto nel diagnosticare e di conseguenza trattare i tumori. Si tratta di un nuovo dispositivo che, attraverso un semplice campione di sangue, è in grado di scovare le cellule tumorali. A proporlo è stato un team di ricercatori della University of Technology di Sydney, secondo cui la nuova tecnologia non solo consentirebbe ai medici di evitare interventi chirurgici invasivi, come appunto la biopsia, ma permetterebbe loro di monitorare i progressi delle terapie sui pazienti affetti dal cancro. Lo studio è stato appena pubblicato sulle pagine della rivista peer-review Biosensors and Bioelectronics.


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Diagnosi dei tumori

Per confermare una diagnosi di tumore, in particolare in organi come fegato, colon, rene e ovaie, molto spesso bisogna ricorrere a un intervento chirurgico invasivo, la biopsia appunto, procedura che consiste nel prelievo di un frammento di tessuto o di cellule da una sospetta area tumorale per accertarne la natura, e che può causare forti disagi nei pazienti e aumentare il rischio di complicanze dovute all’intervento. Tuttavia, una diagnosi definitiva di cancro è fondamentale affinché venga scelto il trattamento che sia il più efficace possibile. “Gestire il cancro attraverso la valutazione delle cellule tumorali nei campioni di sangue è molto meno invasivo rispetto al prelievo di biopsie tissutali. Consente ai medici di ripetere i test e monitorare la risposta del paziente al trattamento”, ha affermato Majid Warkiani, tra gli autori dello studio.

La biopsia liquida

Esiste, infatti, anche la cosiddetta biopsia liquida, procedura minimamente invasiva che permette di effettuare le analisi sul materiale di origine tumorale ottenuto da un liquido corporeo, generalmente il sangue. Come spiegano dall’Associazione italiana oncologia medica (Aiom), tuttavia, il termine spesso genera malintesi: “la biopsia liquida non consente di effettuare una diagnosi di cancro: la diagnosi di cancro viene effettuata sul tessuto tumorale”, spiegano gli esperti. “Può essere invece utilizzata per l’identificazione di marcatori prognostici o predittivi”. Inoltre, le attuali tecnologie per la biopsia liquida, chiariscono i ricercatori del nuovo studio, richiedono molto tempo, sono costose e si affidano a operatori specializzati, limitando quindi la loro applicazione in ambito clinico.

Il nuovo dispositivo

Il nuovo dispositivo, chiamato Static Droplet Microfluidic, è stato quindi progettato come integrazione nei laboratori di ricerca e clinici, per fornire un aiuto ai medici nella diagnosi e nel monitoraggio della salute dei pazienti oncologici in modo più pratico ed economico. La tecnologia, infatti, è in grado di rilevare le cellule tumorali circolanti che si sono distaccate da un tumore primario e sono entrate nel flusso sanguigno. In particolare, utilizza una firma metabolica unica del cancro per differenziare le cellule tumorali da quelle sane. “Negli anni ’20, Otto Warburg scoprì che le cellule tumorali consumano molto glucosio e quindi producono più lattato”, ricorda Warkiani. “Il nostro dispositivo monitora le singole cellule per l’aumento del lattato utilizzando coloranti fluorescenti sensibili al pH che rilevano l’acidificazione intorno alle cellule”.

Una volta che le cellule tumorali vengono identificate con il dispositivo possono essere sottoposte ad analisi genetiche e molecolari, aiutare così nella diagnosi e nella classificazione del cancro, e fornire piani di trattamento personalizzati. Come sottolineano i ricercatori, che hanno in programma di commercializzare il loro device a breve, le cellule tumorali circolanti sono anche precursori della metastasi, responsabili del 90% dei decessi per cancro, e il loro studio permetterà di migliorare la nostra comprensione sulla loro biologia, e, di conseguenza, di indirizzarci verso lo sviluppo di nuovi potenziali trattamenti.

Via: Wired.it

Credits immagine: Belova59/Pixabay