Metti il pomodoro in prima pagina. Quella di Nature. È successo questa settimana perché il Tomato Genome Consortium (Tgc), un gruppo di oltre 300 scienziati provenienti da 14 diversi paesi, è riuscito a sequenziare il genoma del pomodoro coltivato (Solanum lycopersicum) e del suo antenato selvatico (Solanum pimpinellifolium). Un risultato, in parte italiano, importante: svela i segreti sull’evoluzione dei geni che controllano le caratteristiche del frutto, e promette di semplificare la produzione del vegetale, contrastando l’attacco dei parassiti e la siccità.
La sequenza, liberamente accessibile sul sito del consorzio e su quello del centro di ricerca Helmholtz di Monaco, ha rivelato l’ordine dei 35mila geni che compongono il genoma del pomodoro, distribuiti in 12 cromosomi. E ha mostrato come l’addomesticazione della pianta abbia cambiato davvero poco la faccia di questo ortaggio, visto che le sequenza dei due genomi (selvatico e coltivato) si differenziano solo per uno 0,6%.
Ma gli scienziati non si sono limitati a un’analisi di tipo comparativo, e hanno provato a leggere nel Dna del pomodoro cercando di ricostruirne la storia evolutiva. Si è così scoperto che, mentre i dinosauri scomparivano, più o meno 60 milioni di anni fa, il genoma del pomodoro si triplicava. Solo alcune porzioni del Dna triplicato sarebbero però sopravvissute nel corso dell’evoluzione, tra cui quelle che determinano il colore della bacca, la sua consistenza e i tempi di maturazione.
Una storia degna del re delle tavole italiane e che potrebbe servire ai ricercatori come punto di partenza per lo sviluppo di varietà che abbiano le caratteristiche desiderate, sia dal punto di vista nutritivo che da quello produttivo e di resistenza alle malattie.
Lo studio è stato coordinato da Giovanni Giuliano dell’Enea, da Luigi Frusciante dell’Università di Napoli e da Giorgio Valle dell’Università di Padova, il gruppo di ricerca italiano si è occupato soprattutto del sequenziamento dei geni, della loro analisi e della stesura della pubblicazione. A prender parte anche gli scienziati del Cnr, dell’Università di Udine, della Scuola S. Anna e di due aziende private, Bmr Genomics e Ylichron.
Credit immagine a pixieclipx/Flickr
Via: Wired.it
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