Un nuovo albero della vita

Una vista d’insieme dell’evoluzione delle specie, alla luce dei dati resi disponibili dalla moderna genomica. È quanto ha ottenuto un gruppo di ricercatori dello European Molecular Biology Laboratory di Heidelberg, in Germania, che sul numero di questa settimana di Science pubblica un nuovo “albero della vita” (cioè una ricostruzione dei rapporti evolutivi tra le specie viventi attualmente esistenti sul Pianeta) costruito a partire dai genomi completamente sequenziati attualmente disponibili. Sono quelli di 191 organismi, di cui 160 procarioti e 31 eucarioti, compresi alcuni mammiferi come il topo, lo scimpanzè, e lo stesso Homo sapiens. Del gruppo di ricerca fa parte Francesca Ciccarelli, ricercatrice anche dell’Istituto Firc di Oncologia Molecolare (Ifom) di Milano. “In precedenza erano stati compiuti diversi tentativi di costruire un albero della vita sulla base di dati molecolari”, spiega Ciccarelli, “ma il nostro è il primo albero a comprendere tutti e tre i domini, archea, batteri ed eucarioti. Inoltre è il primo basato sull’analisi di geni comuni a tutti gli organismi sequenziati, mentre in precedenza si era usato l’Rna ribosomiale, che però è diverso tra procarioti ed eucarioti. Abbiamo cercato cioè di identificare i geni conservati nell’evoluzione in modo da usarli per chiarire i rapporti tra le diverse specie viventi”. I ricercatori sono riusciti a identificare 31 geni presenti, con le dovute varianti, in tutte le 191 specie sequenziate. Hanno poi ulteriormente eliminato dall’analisi i casi in cui lo stesso gene poteva essere stato trasmesso “orizzontalmente”. “Gli organismi viventi ereditano la maggior parte dei geni dai genitori, ma lungo il corso dell’evoluzione, ne ricevono anche alcuni da organismi vicini in un processo chiamato Horizontal Gene Transfer” continua Ciccarellli. “Ovviamente questa categoria di geni non dice nulla sui progenitori di quell’organismo. Il nostro principale problema era identificarli ed escluderli dall’analisi”. Combinando tecniche di analisi molecolare e di calcolo statistico, i ricercatori sono alla fine giunti a un set di geni abbastanza affidabili per guidare la costruzione di un albero della vita. Da cui emergono alcuni dati evolutivi interessanti, come l’indicazione delle probabili caratteristiche degli organismi primordiali. “Ovviamente non possiamo dire di aver individuato il progenitore comune delle specie viventi, per il semplice motivo che qui abbiamo a che fare con i genomi di organismi attualmente esistenti” spiega la ricercatrice. “Però osservando l’albero vediamo che i rami più profondi tra i batteri si trovano tra i firmicuti, un gruppo di batteri Gram-positivi (la colorazione di Gram è uno dei principali criteri di classificazione dei batteri, legata ad alcune proprietà fondamentali della membrana, ndr). E tra questi, quelli più vicini alla ‘radice’ dell’albero sono organismi termofili, che vivono cioè a temperature particolarmente elevate. È quindi ragionevole pensare che l’organismo ancestrale vivesse a temperature elevate, e fosse Gram-positivo”. Altre conclusioni interessanti sono legate alla velocità con cui evolvono gli organismi, che sembra essere inversamente correlata alle dimensioni del genoma: organismi provvisti di un genoma più grande evolvono cioè più lentamente. E tra gli organismi che evolvono più velocemente, si trovano i batteri patogeni (che appaiono sull’albero come “rami” più lunghi di quelli non patogeni); il che ha perfettamente senso se pensiamo che, dovendosi adattare ai sistemi di difesa degli organismi ospiti, sono sottoposti a una maggiore pressione selettiva. L’aspetto più rilevante della ricerca è comunque aver messo a punto una tecnica di calcolo che potrà essere applicata per espandere l’albero man mano che si renderanno disponibili i genomi di altri organismi, cosa a cui il gruppo sta già lavorando.

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