Un piano per Roma

Maurizio Marcelloni

Pensare la città contemporanea. Il nuovo piano regolatore di Roma

Laterza, 2003

pp.236, euro 29,00

L’elezione diretta dei sindaci è stata per Roma una vera svolta epocale. Dal 1993, anno in cui per la prima volta si sono svolte le consultazioni amministrative con il nuovo sistema elettorale, si è messo in moto un meccanismo di attività e pianificazione urbanistica ignoto da diversi anni. Certo molti problemi sono irrisolti e alcune operazioni sono quanto meno discutibili, ma rispetto al passato si percepisce almeno una volontà di fare qualcosa per salvare la città dal degrado – ambientale ed estetico – avallato da molte precedenti giunte comunali, di destra e di sinistra.Il frutto di queste nuove attenzione allo sviluppo urbano è il nuovo Piano Regolatore, presentato nel 2003, risultato di dieci anni di lavoro. Un decennio intenso cui Marcelloni ha preso parte in prima persona, dirigendo l’Ufficio per il nuovo Piano Regolatore del Comune di Roma dal 1994 al 2001. Questo volume è quindi una sorta di commento critico al progetto che l’autore stesso ha contribuito a portare avanti, che spiega le principali linee guida che hanno portato alla definizione di un’opera la cui complessità è veramente spaventosa, avendo come oggetto il più esteso comune d’Europa.Gli obiettivi principali del nuovo piano urbanistico sono due: ‘modernizzare Roma’ e ‘gestire la città contemporanea’. “Modernizzare Roma significa soprattutto porre le basi per superare il primo ritardo storico; gestire la città contemporanea significa assumere davvero la centralità della periferia e contribuire alla nuova forma complessiva della città”. Il primo obiettivo è sicuramente il più difficile, perché investe non solo la pianificazione urbanistica, ma implica un diverso atteggiamento culturale. Il ritardo a Roma riguarda “in primo luogo la struttura della mobilità collettiva, l’organizzazione dell’apparato pubblico, la tipologia della sua struttura produttiva”. Inoltre, “ha conseguenze disastrose perché è su di esse che si è radicata la cultura della non regola e dell’illegalità, da un lato, e della cultura del non governo, dall’altro”. I ripetuti condoni, non ultimo quello berlusconiano, non migliorano certo la situazione.L’illegalità diffusa, le ‘borgate’ e le distese di baracche, simboli della Roma premoderna, non si sono tramutate i borghi abitati e vissuti. Dopo la tolleranza democristiana, le amministrazioni di sinistra hanno pagato il loro debito con il “sociale” con le orrende periferie i cui nomi risuonano sinistri: Corviale, Torbellamonaca, Laurentino 38. È mancata, anche per la vocazione monumentale e burocratica che diversi governi (dall’Unità in poi) hanno voluto assegnare alla capitale, la fase moderna della città, che è cresciuta senza una visione unitaria. Negli anni successivi, tale mancanza si è fatta sentire soprattutto in forma di disgregazione del tessuto urbano, che presenta “forti discontinuità fra gli episodi urbani, con elevate connotazioni di non progettualità e dunque di forte casualità, con assenza di relazioni fra di essi”. In questo quadro, le zone rimaste inutilizzate sono viste come ferite, spazi abbandonati, solamente opportunità per quella città ‘fai da te’, spontanea, che prende forma da un giorno all’altro. La conformazione ‘insulare’ che ne è risultata ha spinto i responsabili del nuovo piano regolatore a cercare di andare verso il decentramento e la riqualificazione delle zone periferiche. Gestire lo sviluppo economico e demografico, migliorare la qualità della vita, risanare un ambiente deteriorato: le risposte presenti in questo volume non sono le soluzioni, ma disegnano la cornice di riferimento per l’azione delle amministrazioni future.

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