Una centrale termoelettrica, molti dubbi

Non si sa se è necessaria, ma si sa che potrebbe avere un forte impatto ambientale. Inquinamento dell’aria, piogge acide, alterazione del microclima: potrebbero essere questi gli “effetti collaterali” della nuova centrale termoelettrica che Merloni Progetto Energia e Foster Wheeler Italia intendono costruire presso il Polo chimico di Ferrara, già affollato di industrie classificate dalla Protezione civile “a rischio di incidente rilevante”. A soli quattro chilometri dal centro storico di una città nominata dall’Unesco “patrimonio dell’umanità”. E ad altrettanti quattro chilometri dai fragili argini del Po. Il nuovo impianto, un turbogas da 800 megawatt a ciclo combinato e cogenerazione, sostituirebbe una delle centrali termoelettriche attualmente esistenti all’interno del Polo chimico, che eroga 60 megawatt di potenza. C’è una grande sproporzione tra il fabbisogno di energia delle industrie presenti nel Polo chimico e l’offerta della nuova centrale. A fronte di una domanda, da parte della imprese, di 100 megawatt, la centrale Merloni-Foster Wheeler ne fornirebbe 800.

Per produrre tutta questa energia la centrale brucerà 108 tonnellate all’ora di metano. Che è, tra i combustibili fossili, quello che produce meno anidride carbonica; ma l’aumentata potenza degli impianti porterà a un incremento annuo di duemilioni e 600mila tonnellate di CO2 rispetto a quanto emesso attualmente. Almeno stando ai dati forniti dalla ditta costruttrice con la certificazione Emas – “Eco management and audit scheme” – relativa alle vecchie centrali. L’aumento di CO2 è il principale imputato delle variazioni climatiche prodotte dall’effetto serra. Gli accordi internazionali di Kyoto sul clima prevedono che, per ottenere la riduzione su scala globale delle emissioni, ognuno si impegni a ridurre le proprie. Un criterio efficiente sarebbe quello di utilizzare fonti non inquinanti (fotovoltaico, eolico e così via), limitare i consumi e non produrre più del necessario. Ma quanto è il “necessario”? Al momento non esiste un Piano energetico per l’Emilia Romagna. Ma la nuova centrale, da sola, coprirebbe più della metà del deficit regionale stimato da Legambiente. “In mancanza di un piano energetico regionale – afferma Luigi Rambelli, presidente di Legambiente per l’Emilia Romagna – Legambiente assume una posizione negativa nei confronti della costruzione di nuove centrali”. Incluse quelle a gas naturale. Per avere un’idea dell’impatto ambientale si consideri che, per “sequestrare” tutta la CO2 emessa in più, sarebbe necessario piantare, secondo le stime della Regione Emilia Romagna e dell’Istituto sperimentale di pioppicoltura di Casale Monferrato, 325mila ettari di pioppeto. Per questa funzione di “polmone verde” i costruttori destinano solo tre ettari.

Anche le emissioni di vapore acqueo, in un clima caratterizzato dalla forte presenza di nebbia, rischia di essere significativo: saranno 370mila i metri cubi di vapore emessi ogni ora dalla nuova centrale. Infine gli ossidi di azoto, altra emissione delle centrali a combustibili fossili, per cui il centro di Ispra segnala il rischio per “persone anziane, bambini e soggetti con problemi di asma o patologie respiratorie”. Rispetto all’obiettivo dichiarato di ridurre la loro emissione nei confronti della situazione attuale, il documento prevede diversi scenari, in nessuno dei quali però l’obiettivo sembra raggiungibile. Se si considera uno scenario realistico e si accettano le migliori stime di efficienza proposte dal rapporto, si produrrebbero ogni anno 220 tonnellate di ossidi di azoto in più rispetto alla situazione attuale, un aumento cioè delle emissioni pari al 20 per cento.

Il problema delle centrali elettriche sta esplodendo in tutta Italia, e il caso dell’Emilia Romagna non è che uno tra i tanti. Ad Aversa (Napoli) sono stati presentati i progetti di tre centrali termoelettriche (uguali per potenza e tecnologia a quella prevista per il Polo chimico), un’altra doveva essere costruita nel Bellunese e altre due in Calabria. La costruzione delle centrali campane e di quella veneta è stata bloccata, grazie anche all’intervento del Wwf. “Il funzionamento pulito delle centrali termoelettriche”, afferma Alessandro Gatto, consigliere Wwf per la Regione Campania, “è praticamente impossibile, e gli elementi di alterazione ambientale non si limitano alla zona dove sorgono le centrali. Per questo chiediamo che la politica energetica nazionale compia uno sforzo maggiore per iniziare ad abbandonare la strada della produzione di energia dai combustibili fossili”. E il dibattito comincia ad animarsi anche in Rete. Nel sito “Centrali termoelettriche” il “Comitato centrale nograzie” di Crevalcore (Bo) invita tutti i tecnici e gli specialisti del settore energia e ambiente a un confronto con i cittadini su questo delicato problema.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here