Una pillola che mima gli effetti benefici dello sport

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(Foto: Fitsum Admasu on Unsplash)

La saggezza popolare ci dice che non c’è miglior medicina dell’attività fisica. E se ci fosse un farmaco che esercitasse sul nostro corpo gli stessi effetti benefici? È una prospettiva lontana, ma forse non impossibile. Un team di ricercatori del Baylor college of medicine e della Stanford school of medicine, negli Stati Uniti, infatti, ha identificato una molecola presente nel sangue che viene prodotta durante l’esercizio fisico e che, somministrata nei topi da laboratorio, sembra mediare gli stessi effetti dell’attività fisica, migliorando alcuni meccanismi metabolici e regolando il controllo della fame e del peso corporeo. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature.

L’attività fisica ha grandi effetti benefici sul nostro organismo: che sia una corsa, una nuotata o uno sport strutturato, infatti, l’esercizio è in grado di aiutare nel controllo del peso e di proteggerci da malattie cardiache e metaboliche come il diabete di tipo 2, mentre la sedentarietà ne aumenta il rischio di insorgenza, insieme alla mortalità per tutte le cause. È per queste ragioni che i meccanismi del nostro organismo associati all’attività fisica sono ampiamente studiati dagli scienziati che si occupano di malattie metaboliche: in particolare, in quest’ambito c’è stato un crescente interesse nell’identificazione delle molecole responsabili di mediare i benefici cardiometabolici associati all’attività fisica. 


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“È stato dimostrato che l’esercizio regolare aiuta la perdita di peso, regola l’appetito e migliora il profilo metabolico “, ha affermato Yong Xu, co-autore dello studio. “Se riuscissimo a capire il meccanismo attraverso il quale l’attività fisica innesca questi benefici, allora saremo più vicini a migliorare la salute di molte persone”. 

Trovare le molecole dell’esercizio fisico

Alla luce di queste esigenze, i ricercatori, attraverso un approccio che ha unito a tecniche che studiano le singole molecole quelle di metabolomica (che invece maneggiano enormi quantità di dati relativi a tutto ciò che produce un organismo), hanno analizzato il plasma sanguigno di topi sottoposti a intense sessioni di attività fisica. Tra l’enorme quantità di composti prodotti dall’organismo, quello presente in maniera nettamente superiore rispetto agli altri era un amminoacido modificato, chiamato lac-phe, un derivato dell’acido lattico, la molecola prodotta dal nostro corpo responsabile della fastidiosa sensazione di bruciore nei muscoli sottoposti a sforzi intensi.

Per verificare che tipo di effetti potesse avere la molecola scoperta, i ricercatori ne hanno somministrato, attraverso iniezioni intraperitoneali, dosi elevate in topi con obesità indotta da una dieta ricca di grassi. Nel breve termine, l’assunzione di lac-phe ha ridotto l’assunzione del cibo da parte dei topi, indipendentemente dall’esercizio fisico, mentre la somministrazione continua ha dimostrato di ridurre il livello di adipe, il peso corporeo e di migliorare i meccanismi di regolazione degli zuccheri. Viceversa, quando la molecola veniva “spenta” con metodi genetici, gli animali da laboratorio, pur facendo attività fisica, aumentavano sia l’assunzione di cibo sia il peso corporeo. 

Le speranze per il futuro

I ricercatori, quindi, sono andati alla ricerca di lac-phe anche in altri animali e ne hanno riscontrato forti incrementi anche nel sangue, dopo l’attività fisica, di cavalli da corsa e di esseri umani.  In particolare, negli esseri umani sembra che lac-phe aumenti soprattutto quando si fanno attività ad alta intensità (come gli sprint nella corsa), seguite da quelle di resistenza (come il sollevamento pesi) e infine da quelle aerobiche. Questi risultati suggeriscono che lac-phe potrebbe essere un sistema molto conservato tra animali anche evolutivamente lontani tra loro che è in grado di regolare l’associazione tra controllo della fame, attività fisica e metabolismo.

“I nostri prossimi passi sono rivolti a capire come lac-phe media i suoi effetti nel corpo, incluso il cervello”, aggiunge Xu. “Il nostro obiettivo è imparare a capire come funziona questa molecola, per futuri interventi terapeutici”. Non tutti, infatti, possono approfittare dei benefici legati all’esercizio fisico. “Le persone anziane o quelle fragili, che non possono fare abbastanza attività fisica, un giorno potrebbero trarre beneficio dall’assunzione di un farmaco del genere, che potrebbe aiutare a rallentare l’osteoporosi, evitare l’insorgere di malattie cardiache o altre condizioni”, conclude il co-autore dello studio Jonathan Long.

Via: Wired.it

Credits immagine: Fitsum Admasu on Unsplash