Un’odissea genetica

Spencer WellsThe Journey of Man. A Genetic OdisseyAllen Lane, 2002pp.240, euro 21,84 Più o meno ogni libro risponde a una domanda. La vexata quaestio cui si riferisce questo volume è “Da dove veniamo?”. Messe da parte le ovvie e discutibili risposte metafisico-religiose, il problema viene affrontato dalla parte della biologia molecolare, dal Dna. È infatti da questa macromolecola, che contiene le istruzioni necessarie (ma non sufficienti) per la vita, che possiamo ricostruire l’evoluzione, biologica ma anche geografica, dell’essere umano moderno, il sapiens che infesta oggi il pianeta. Ovviamente, non si danno significati ultimi: una coppia di basi modificata sulla doppia elica non equivale all’intervento divino o allo sviluppo necessario di una storia predeterminata. Ed è questo l’aspetto più bello della ricerca che Spencer Wells, nelle orme di Charles Darwin e di Luca Cavalli Sforza, sta portando avanti da diversi anni: mostrare la grande e meravigliosa diversità che i millenni e l’evoluzione darwiniana hanno prodotto in quella strana accozzaglia di esseri che è la specie umana.Un’accozzaglia talmente varia che ancora alla fine del millennio scorso studiosi di fama potevano sostenere tranquillamente che l’essere umano si fosse evoluto diverse volte nel corso del tempo. Il bianco europeo (possibilmente ricco e ben vestito) era chiaramente il prodotto ultimo di tale evoluzione, ben più perfezionato delle razze africane, asiatiche e amerindie, generalmente più scure e meno civili. Sicuramente il gentleman inglese (o anche il nipote dell’ergastolano fuggito in Nordamerica dalla Gran Bretagna) non aveva parenti comuni con il boscimano o il fulano dell’Africa profonda. Il Dna ha posto fine a tali teorie. Siamo tutti nati in Africa, ormai molto tempo fa. Da lì, la specie umana si è diffusa in tutte le terre emerse, spesso a scapito di altre specie. La ricostruzione di tale diffusione può essere fatta seguendo diverse strade, in particolare con l’antropologia e la linguistica. Spencer Wells, genetista poco più che trentenne, privilegia ovviamente la biologia molecolare, che dà i risultati più certi e affascinanti.La ricostruzione genealogica degli attuali sei miliardi e passa di umani può essere effettuata essenzialmente prendendo in considerazione due caratteri del Dna: quello dei mitocondri (mDNA), e il cromosoma Y. Il primo è il Dna contenuto in piccoli organelli interni alla cellula ma esterni al nucleo (separati quindi da quello dei cromosomi), e la sua importanza è data dalla trasmissione ereditaria, che avviene esclusivamente da parte materna. Il cromosoma Y, invece è il cromosoma maschile, dunque passa solo da parte di padre. In questi due insiemi di Dna, avvengono mutazioni a un ritmo più o meno costante, su cui è possibile quindi costruire un orologio biologico. In questo modo, confrontando due sequenze e le loro mutazioni, si può avere un’idea approssimativa dell’epoca in cui è vissuto l’antenato comune delle due sequenze. Cromosoma Y e mDNA, in base a queste ricostruzioni, possono identificare la coppia, gli ideali Adamo e Eva, di antenati più recenti. Inoltre, grazie a queste tecniche siamo in grado di ricostruire le migrazioni che l’Homo sapiens ha compiuto.Spencer Wells ha fisicamente seguito queste migrazioni, spostandosi nelle zone del mondo dove sono cresciuti i diversi rami evolutivi della specie umana a partire dalla sua culla africana, lasciata circa 60000 anni fa. Queste lunghe escursioni antropologiche, che sostanzialmente confermano i dati genetici, incrociandoli con le ipotesi dell’archeologia e della linguistica. Da questo lungo viaggio, “un’odissea genetica”, Wells ha tratto anche un documentario, che insieme alle illustrazioni del volume danno un’idea della diversità meravigliosa raggiunta dalla specie umana nelle sue peregrinazioni. Diversità genetica e culturale, una ricchezza piuttosto che una minaccia.

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