Uomini e topi

I topi possono contare su un organo in più: un secondo timo, la ghiandola che produce la maggior parte dei linfociti T, le cellule che garantiscono la risposta immunitaria di un organismo. La scoperta, pubblicata nel marzo scorso su Science a firma di un gruppo di ricercatori dell’Università di Ulm, in Germania, guidati da Hans-Reimer Rodewald, mette in discussione i risultati ottenuti finora dagli studi che hanno utilizzato questi animali per indagare le malattie immunologiche umane e le loro possibili terapie. Una freccia in più all’arco di chi pensa che quello murino non sia un modello predittivo valido per la salute dell’essere umano.

In effetti, sono diversi i casi in cui ciò che è tossico per una specie non lo è per l’altra, e viceversa. Per esempio, l’acidoacetilsalicilico, la comune aspirina, è teratogena, cioè produce malformazioni congenite, nella quasi totalità degli animali ma non nell’essere umano. Anche la vitamina C produce nel topo danni irreversibili mentre negli umani può essere assunta senza andare incontro a danni collaterali. Solo in gravidanza e durante l’allattamento se ne consiglia l’uso sotto indicazione medica.

Del marzo scorso è la notizia di un grave incidente occorso durante la sperimentazione su esseri umani di un farmaco per la cura di leucemia, artrite reumatoide e sclerosi multipla che si era dimostrato efficace sui topi. Il TGN 1412, un anticorpo monoclonale per aumentare l’azione di una proteina del sistema immunitario, la CD28, presente sulla superficie dei globuli bianchi, si è rivelato tossico per i sei volontari umani a cui era stato somministrato, causando il ricovero urgente in terapia intensiva in un ospedale di Londra per tre di questi.

Meno drammatici ma altrettanto inquietanti gli esiti della sperimentazione di un farmaco capace di far regredire l’aterosclerosi nei topi. Al contrario di quanto era accaduto negli animali da laboratorio, il Pactimibe, un inibitore dell’enzima Acat, negli umani non ha ridotto il volume delle placche che si formano sulle arterie e anzi, nel lungo termine, ha mostrato di aumentare il fenomeno aterosclerotico. Lo hanno annunciato i ricercatori del Cleveland Clinic Cardiovascular Coordinating Center nella sede prestigiosa dell’American Heart Association, la riunione annuale della società cardiologica statunitense, nel novembre 2005.

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