Quanti tipi di valanghe esistono e come si formano?

valanghe
(Foto: Krzysztof Kowalik su Unsplash)

Anche questo inverno, sulle montagne innevate, un fenomeno naturale da non sottovalutare sono le valanghe che, nonostante vengano monitorate, continuano ad essere una forte minaccia per i centri abitati, le strade e le persone, causando ogni anno incidenti e decessi. È di poche ore fa, infatti, la notizia di una vittima travolta da una valanga nell’area tra Ra Gusela e Nuvolau, vicino a Cortina d’Ampezzo, mentre stava facendo un’escursione. Ma come si formano le valanghe, perché stanno aumentando e quali sono i comportamenti da adottare?

Come si creano le valanghe

Chiamate anche slavine, sono generalmente intese come il distacco improvviso di una massa di neve o ghiaccio da un pendio, che, scivolando verso valle, travolge qualsiasi cosa si trovi lungo il suo percorso. L’eventuale formazione delle slavine, tuttavia, dipende dalla struttura del manto nevoso e, come spiega l’Istituto per lo studio della neve e delle valanghe svizzero (Slf), ne esistono, in base all’origine, 5 diverse tipologie: le valanghe di neve a lastroni, tra le più pericolose, quelle a debole coesione, che si formano durante o subito dopo una nevicata, quelle per scivolamento di neve, le nubiformi, che si originano spesso dalle valanghe a lastroni e possono raggiungere velocità fino ai 300 chilometri orari, e le cosiddette valanghe bagnate, che si verificano per pioggia o per un innalzamento delle temperature, spesso in primavera.

La tipologia più pericolosa

Più nel dettaglio, le valanghe di neve a lastroni, considerate tra le peggiori dato che causano il 90% delle vittime di valanghe, consistono nel distacco di una porzione di neve compatta, una lastra appunto. In questo caso si origina quando il manto nevoso è composto da uno strato inferiore di neve poco coesa (strato fragile), e uno strato superiore coeso, lastrone. Un sovraccarico di neve può portare così alla formazione di fratture parallele al pendio che causano lo scivolamento del lastrone, che può raggiungere i 50-100 chilometri orari. Questa tipologia di slavina può essere innescata sia da fenomeni naturali, come una forte nevicata, che da noi esseri umani, tanto che viene chiamata anche come “valanga dello sciatore”.

La prevenzione

Per proteggersi dalle valanghe, destinate ad aumentare per l’instabilità climatica, le misure da adottare possono essere molteplici: dalle gallerie e terrapieni, alle opere di stabilizzazione del manto nevoso, fino alle esplosioni e ai divieti d’accesso. Ma per poter stabilire zone pericolose e, di conseguenza, pianificare strategie di protezione i principali fattori da esaminare sono l’orografia del terreno e le proprietà della neve. “Per poter valutare il pericolo e pianificare le misure di protezione è fondamentale sapere quali forze distruttive sviluppa durante il suo cammino e dove si ferma dopo aver percorso la sua traccia”, spiegano dall’istituto. “Per poter rispondere a questa domanda, dobbiamo sapere come decelera una valanga”.

Va precisato che la maggior parte degli incidenti dovuti alle valanghe si verifica fuori dalle piste protette. Agli escursionisti e ai freerider e in generale, a chi svolge attività sportive fuoripista, quindi, è altamente consigliato di informarsi sul pericolo di valanghe attualmente in corso, di avere con sé un’attrezzatura adeguata (pala, sonda ecc.), di effettuare sul territorio le osservazioni necessarie per valutare il pericolo e di adottare comportamenti idonei alla situazione. “Se nonostante queste misure preventive dovesse comunque verificarsi un incidente da valanga, è importante non perdere tempo”, precisano dall’Slf. “Le probabilità di recuperare viva una persona sepolta sotto a una valanga sono più alte nei primi 15 minuti dopo il seppellimento”.

A fornire consigli utili per i fuoripista è anche il servizio MeteoMont, su cui sono disponibili i bollettini quotidiani con il grado di pericolo valanghe, secondo cui è fondamentale valutare fattori ambientali che possono aumentarne il rischio, come il vento, le temperature, le precipitazioni nevose, la pendenza del terreno. Ma anche adottare comportamenti idonei come, per esempio, evitare zone sottovento, muoversi il più possibile lungo le creste e le dorsali, preferendo punti sicuri nel terreno, come le rocce, ed evitare assolutamente l’attraversamento di zone che confluiscono in crepacci, salti di roccia, pietraie affioranti o altre insidie.

Come reagire 

Riportiamo qui i consigli della Protezione Civile dell’Alto Adige: “Come prima reazione bisogna cercare di uscire lateralmente dalla traiettoria di discesa della valanga. Se non ci si riesce, si può tentare di rimanere in superficie sulla neve che scende e di non farsi risucchiare sotto la valanga. Per farlo può essere utile – se si riesce– levarsi gli sci e gettare le racchette perché entrambi aumentano il rischio di finire sotto la neve. Lo zaino airbag contrasta invece il rischio di essere risucchiati, perché gonfiandosi, aiuta a “galleggiare” in superficie. Inoltre l’airbag ripara dai colpi. Se vediamo che nonostante tutto la neve ci ricopre, le possibilità di sopravvivenza aumentano, se riusciamo a formare una cavità d’aria per respirare sotto la neve. Questa si crea tenendo le braccia piegate di fronte al viso durante la valanga. Una volta finita la valanga, se ci si riesce a muovere, si può tentare di scavare e liberarsi da soli”.

Via: Wired.it

Credits immagine: Krzysztof Kowalik su Unsplash

Leggi anche: Pericolo valanghe: arrivano nuove linee guida