Variante sudafricana: perché fa paura agli esperti

variante sudafricana

B.1.1.529: è questo il nome della nuova variante di Sars-cov-2 responsabile di un aumento  dei casi di Covid-19 in Sudafrica e che preoccupa le istituzioni sanitarie di tutto il mondo. La presenza della variante, identificata per la prima volta in Botswana e rilevata anche a Hong Kong in un viaggiatore che tornava dal Sudafrica, è stata annunciata in una conferenza stampa organizzata dal Dipartimento della salute del governo sudafricano. 

B.1.1.529 presenterebbe almeno trenta mutazioni a carico della proteina spike (molte di più rispetto alle varianti già conosciute), che potrebbero incidere sulla contagiosità del virus e sulla possibilità di eludere i vaccini: per il momento si tratta solo di ipotesi, e i ricercatori monitorano attentamente la situazione. Mentre l’Italia ha annunciato di aver sospeso l’ingresso delle persone che provengono dal Sudafrica, oggi si terrà la riunione tecnica dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per decidere se considerarla una variante di interesse o di preoccupazione e per conferirle il nome dall’alfabeto greco: presumibilmente la nuova variante si chiamerà Nu.

Una ripresa delle infezioni

Mercoledì 17 novembre le istituzioni sanitarie sudafricane hanno registrato 1.200 contagi da Covid-19: qualche settimana prima erano state rilevate solo 106 infezioni. Dalle analisi genomiche effettuate sulle sequenze virali, è emerso che probabilmente la responsabile di questa impennata di contagi è una nuova variante di Sars-cov-2, denominata B.1.1.529: a confermarlo il National Institute for Communicable Diseases (Nicd), una divisione dell’Istituto nazionale di sanità sudafricano. 

“Purtroppo abbiamo rilevato una nuova variante che è motivo di preoccupazione in Sudafrica”, ha detto il virologo Tulio de Oliveira, bioinformatico dell’Università di KwaZulu-Natal a Durban, in Sudafrica, durante la conferenza stampa, indetta piuttosto frettolosamente: “Sfortunatamente sta causando una ripresa delle infezioni“. 

Proprio come la variante Beta un anno fa, anche in questo caso si tratta di un cluster sudafricano, che per ora è circoscritto. B.1.1.529 è stata identificata per la prima volta in Botswana, e per ora è stata registrata in tre paesi: il Botswana, appunto, il Sudafrica e un solo caso a Hong Kong, ma si tratta di un viaggiatore di ritorno da Johannesburg, capoluogo della provincia di Gauteng. 

È proprio Gauteng che desta la maggior preoccupazione: nella provincia a novembre i casi sono aumentati rapidamente, in particolare nelle scuole e tra i giovani, ha detto Richard Lessells, virologo dell’Università di KwaZulu-Natal, durante la conferenza stampa. Come si legge in un comunicato stampa del Nicd, nel paese sono stati confermati ventidue casi riconducibili alla variante, ma i laboratori nazionali stanno setacciando centinaia di campioni, e il numero delle infezioni aumenta man mano che le ore passano: ieri Lessells ha confermato almeno 77 casi nella sola provincia di Gauteng, raccolti tra il 12 e il 20 novembre.


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Perché desta preoccupazione

“Ci sono molte cose che non capiamo su questa variante”, continua Lessells. A destare la maggiore preoccupazione il numero di mutazioni a carico di spike – la proteina di Sars-cov-2 che media l’ingresso del virus nelle cellule e che è il target di tutti i vaccini autorizzati finora – che i ricercatori hanno individuato grazie al sequenziamento del genoma: la variante ne conterrebbe più di trenta. Sebbene per il momento si tratti di ipotesi e modelli bioinformatici, molte delle mutazioni riscontrate in B.1.1.529 sono le stesse di quelle trovate nelle varianti Delta e Alfa, collegate a una maggiore infettività e alla capacità di eludere gli anticorpi (naturali o indotti dai vaccini) che hanno lo scopo di bloccare l’infezione.

Per il momento non è chiaro se B.1.1.529 sia più contagiosa di Delta, ha dichiarato a Nature Penny Moore, virologa dell’Università di Witwatersrand a Johannesburg, perché attualmente il numero di casi confermati è ancora troppo basso per estrapolare dati affidabili. Questo vale anche per la possibile maggiore capacità di eludere il sistema immunitario: il team di ricerca di Moore, che nei mesi passati aveva già lavorato sulla variante Beta, ha già iniziato a studiare B.1.1.529 e ha in programma di testare la capacità del virus di evitare gli anticorpi e le altre risposte immunitarie. “Molte mutazioni che conosciamo sono problematiche, ma molte altre sembrano contribuire a un’ulteriore elusione”, continua Moore. I ricercatori sperano di avere i primi risultati in due settimane.

Nel frattempo, i centri di controllo e prevenzione delle malattie infettive disseminati in tutto il Sudafrica continuano a controllare l’andamento dei contagi e a sequenziare i nuovi casi di Covid-19, mentre oggi è prevista una riunione tecnica dell’Oms che valuterà in che categoria inserire la nuova variante (al momento, B.1.1.529 non compare né tra le varianti di interesse, né quelle di preoccupazione) e presumibilmente la ribattezzerà con il nome dall’alfabeto greco: il primo disponibile è Nu

Negli altri paesi fuori dall’Africa, Italia compresa, è stato attuato il principio di massima precauzione. “Ho firmato una nuova ordinanza che vieta l’ingresso in Italia a chi negli ultimi 14 giorni è stato in Sudafrica, Lesotho, Botswana, Zimbabwe, Mozambico, Namibia, Eswatini”, ha annunciato il ministro della salute Roberto Speranza sul suo profilo Twitter. Anche la Commissione europea, come si legge su Adnkronos, proporrà una stretta per interrompere, almeno finché non si avranno a disposizione maggiori dati, i viaggi che provengono da e con destinazione il Sudafrica.

Via Wired.it