“A-bunduqiyya” è il nome arabo di Venezia. Se lo è guadagnato grazie a due millenni di rapporti strettissimi con i paesi nordafricani, primo tra tutti l’Egitto. Di questa lunga relazione che ha unito paesi distanti per lingua, tradizioni, costumi e religione ha raccontato la mostra “Venezia e l’Egitto”, aperta fino al 22 gennaio 2012 a Palazzo Ducale, nel cuore della Serenissima.
Reperti archeologici di origine egiziana riaffiorati in territorio veneto, documenti inediti di mercanti, mappe, strumenti di navigazione, tappeti e quadri di grandi pittori come Giorgione, Tintoretto, Tiepolo vengono esposti per la prima volta insieme; per ricostruire quel filo rosso che tenne uniti i due paesi padri di quella che può essere definita una civiltà mediterranea.
Curata da Enrico Maria Dal Pozzolo dell’Università di Verona insieme a Rosella Dorigo e Maria Pia Pedani dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, con progetto allestitivo di Michelangelo Lupo, la mostra è suddivisa in nove sezioni che toccano gli aspetti fondamentali dei rapporti tra Venezia e l’Egitto. Il tema del viaggio e delle grandi avventure ottocentesche è raccontato attraverso documenti, strumenti e mappe utilizzati dai grandi esploratori. Uno di loro era Giovanni Battista Benzoni, tra i massimi esperti di egittologia di tutti i tempi, che scoprì la tomba di Seti I nella Valle dei Re e l’ingresso della piramide di Chefren. La mostra lo ricorda esponendo il ritratto, il passaporto, le lettere autografe e la serie completa delle incisioni acquarellate delle sue imprese.
Nella sezione dedicata “alle storie di San Marco” troviamo documenti che raccontano la traslazione del corpo da Alessandria nell’828, mentre in quella intitolata “intrecci culturali” ci sono i testi di medicina e di botanica egizia di Prospero Alpini di Marostica, che portò in laguna notizie di nuove piante, tra cui quella del caffè.
Ovviamente non potevano mancare le mummie: esposta c’è quella di Nehmeket (1069-525 a. C.) conservata a San Lazzero degli Armeni, interamente ricoperta da una reticella realizzata con perline in pasta vitrea di vario colore restaurate per l’occasione, e una mummia di bambino.
Nell’immagine: Modello di galea sottile veneziana, Venezia, Museo Storico Navale
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