Violenza sulle donne, un’epidemia globale

Sin dalla Conferenza Mondiale sui Diritti Umani del 1993 e la Dichiarazione sull’Eliminazione della Violenza contro le Donne, la comunità internazionale ha ufficialmente riconosciuto che la violenza contro le donne è un problema che riguarda la salute pubblica, le società e i diritti umani. Questo però non è bastato a fermare i casi di abusi domestici, un fenomeno presente ancora in tutte le nazioni, e la cui intensità è difficile da monitorare. A provare a fare un punto della situazione è oggi uno studio, pubblicato su Science Express, che ha raccolto dati in 81 nazioni a livello globale, i cui risultati sono stati inclusi nel report reso noto in contemporanea dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Global and regional estimates of violence against women: Prevalence and health effects of intimate partner violence and non-partner sexual violence).

I risultati hanno mostrato che globalmente, nel 2010, il 30% delle donne con età superiore ai 15 anni è stato vittima durante la propria vita di violenze fisiche e/o sessuali (il tipo di abuso subito varia molto da regione a regione). Abusi che spesso rimangono impuniti: le Nazioni Unite stimano infatti che oggi più di 600 milioni di donne vivono in nazioni in cui la violenza domestica non è considerata un crimine.

La più frequente forma di violenza a cui le donne sono sottoposte è quella causata da un partner, detta anche IPV (Intimate Partner Violence). L’abuso può essere fisico, sessuale o emotivo, e può avere serie conseguenze: esso è globalmente la prima causa di morte per omicidio per le donne, ed è associato con la crescita dei livelli di depressione e di comportamenti suicidi nella popolazione femminile. Studi effettuati in Sud Africa e Uganda hanno mostrato che le donne vittime di violenza fisica e/o sessuale sono più suscettibili per esempio di ammalarsi di HIV. Tutto questo senza considerarne i sostanziali costi: solo nel 2009 l’IPV ha fatto spendere più di 15 miliardi di sterline in Inghilterra e Galles. 

Il team, guidato da Karen Devries della London School of Hygiene & Tropical Medicine, ha suddiviso la ricerca in due parti. In primo luogo gli scienziati si sono occupati di svolgere una revisione sistematica di tutti gli studi contenenti dati significativi a livello nazionale o subnazionale, analizzando 26 database di medicina e scienze sociali e ricorrendo a ricerche effettuate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e altre organizzazioni, collezionando così un totale di 141 studi provenienti da 81 nazioni. In seguito, gli scienziati hanno utilizzato dei classici metodi di meta-regressione per stimare la prevalenza degli abusi causati da un partner nella vita delle donne. Sono state effettuate stime per 21 regioni del mondo, organizzate in base all’età e alla struttura delle popolazioni nel 2010.

Come affrontare allora la situazione? Gli autori dello studio sottolineano quanto sia fondamentale investire nel campo ancora nascente della prevenzione, oltre che ovviamente fornire servizi di assistenza sanitaria, sociale e legale alle donne che ne hanno bisogno. C’è inoltre bisogno di mettere in dubbio alcune norme sociali molto diffuse nella mentalità comune, che legittimano la violenza domestica e il controllo maschile, e che tendono a vederla più come una “faccenda privata” che come un problema pubblico. Sono necessarie iniziative che supportino l’attivismo locale contro gli abusi, e che coinvolgano uomini e ragazzi, anche tramite l’uso dei media.

Riferimenti: Science Express doi: 10.1126/science.1240937

Credits immagine: European Parliament/Flickr

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