Ambiente

Se gli alberi possono predire le eruzioni

Un modo alternativo di prevedere le future eruzioni vulcaniche? Osservare gli alberi. O, meglio, analizzare la composizione degli anelli che si formano all’interno dei tronchi e che contengono informazioni preziose sulle condizioni dell’ambiente circostante. Non ultime quelle relative ai cambiamenti che si verificano prima di una eruzione. È ciò che suggerisce una ricerca condotta sull’Etna dallo Swiss Federal Institute for Forest, Snow and Landscape Research WSL e il politecnico federale di Zurigo (ETHZ). Lo studio è stato pubblicato su Scientific Reports.

La scienza che studia le correlazioni tra gli anelli degli alberi e i fattori climatici si chiama dendrocronologia. Ed è grazie a questa che oggi siamo in grado di sapere, tra le altre cose, quali temperature atmosferiche c’erano mille anni fa. “Ogni anello viene formato annualmente”, spiega a Galileo Paolo Cherubini, dendrocronologo dello Swiss Federal Institute for Forest, Snow and Landscape Research e uno degli autori del report. “In genere, la formazione inizia in primavera e prosegue fino all’estate, dopo di che l’albero va in riposo vegetativo”.

Questi anelli così prodotti variano per ampiezza, densità del legno, composizione chimica e altre caratteristiche fisico-chimiche. Una serie di connotati che dipendono fortemente dalle condizioni ambientali in cui l’albero è cresciuto. “Prima della messa in moto di un vulcano – prosegue Cherubini – si verificano una serie di emissioni pre-eruttive, che cambiano le condizioni ambientali, e di cui possiamo trovare traccia negli alberi. Tramite lo studio degli anelli, siamo così riusciti a ricostruire le condizioni pre-eruzione sull’Etna e capire se c’erano delle differenze rispetto a due/tre anni prima”.

Lo studio è cominciato grazie a una foto aerea delle pendici dell’Etna scattata nel 2001, in una zona da cui poi sarebbe fuoriuscita della lava. Attraverso l’immagine Nicolas Houlié, geofisico, e colleghi hanno individuato una striscia di alberi con una caratteristica particolare: un’attività fotosintentica più alta rispetto agli altri, visibile in una maggiore vegetazione, proprio in prossimità della zona da cui sarebbe poi avvenuta l’eruzione. Una misurazione simile è stata fatta anche negli alberi vicini all’eruzione avvenuta nel gennaio del 1974, portando i ricercatori a concludere che l’attività eruttiva avesse avuto un effetto sulla vegetazione già prima di manifestarsi. Per la precisione, in quel caso, settembre del 1973. Così gli studiosi si sono posti una domanda: quando è iniziato esattamente l’aumento dell’attività fotosintetica come sintomo dell’attività pre-eruttiva? Per rispondere, il team di scienziati ha analizzato gli anelli di 50 alberi collocati nella zona nord-orientale posta alle pendici dell’Etna. Il risultato: “Nessun cambiamento si è verificato prima del settembre 1973”.

Lo studio – sottolineano i ricercatori – dimostra che l’analisi degli anelli degli alberi può fornire “valide informazioni sui processi vulcanici pre-eruttivi“. I limiti del metodo? “Se l’eruzione sale molto velocemente, non siamo in grado di registrarla”, conclude Cherubini. “Però è molto utile per ricostruire il passato: quali erano le condizioni ambientali prima delle eruzioni. In Indonesia e Sud America ci sono vulcani che non sono monitorati come i nostri e non si sa quale sia la loro storia eruttiva negli ultimi 100 anni. Così possiamo conoscerla” .

Riferimenti: Scientific Reports

Rosita Rijtano

Giornalista. Dal 2013 collabora con Repubblica, dove scrive soprattutto di tecnologia e scienza, e co-cura un blog sul cyberbullismo. Esaurita dal lavoro da remoto, ha chiesto asilo politico alla redazione di Galileo.

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