WhaleSafe, il protocollo per salvare i capodogli nel Mediterraneo

Capodogli
(Immagine: Wikipedia)

I capodogli, grandi cetacei che vivono anche nel Mediterraneo, rischiano ogni giorno la morte a causa delle collisioni con le grandi navi. Per questo all’Acquario di Genova è stato presentato il Progetto WhaleSafe, che prevede un avanzato sistema di boe intelligenti che rileva la presenza di capodogli e avverte le navi in transito nella zona con messaggi in tempo reale. Contemporaneamente, Whalesafe invita le navi a seguire uno speciale protocollo di condotta sotto la supervisione della Capitaneria di Porto. Grazie al progetto, cofinanziato da Unione Europea ed enti nazionali come l’Università degli Studi di Genova, adesso sarà possibile migliorare la protezione della specie, favorire la convivenza tra i cetacei e l’uomo e promuovere l’utilizzo responsabile del mare.

La zona del Mediterraneo interessata da WhaleSafe è quella del Santuario Pelagos, una vasta area internazionale protetta dove sono di casa i capodogli – appunto – e altri cetacei. Si trova tra Liguria, Francia e Sardegna e si estende su una superficie di circa 90000 km2. Il santuario è il luogo di allevamento e alimentazione più importante per le popolazioni di cetacei che vivono nel Mediterraneo ed è quindi fondamentale per il loro benessere.

Tra tutte, il capodoglio è la specie con il più alto rischio di collisione. Il cetaceo ha dimensioni notevoli: lunghezza massima 21 metri e peso massimo 5 tonnellate. Può scendere fino a 3.000 metri in profondità e resiste in apnea fino a 2 ore. Vive soprattutto in immersione, si muove da solo o in piccoli gruppi. È un mammifero gigante, ma è sempre piccolo rispetto alle navi e non può difendersi dall’inquinamento acustico che disturba il suo udito e lo disorienta. Secondo quanto riferisce il Santuario Pelagos, oggi sappiamo che più del 6% degli esemplari fotoidentificati in mare e circa il 20% degli esemplari spiaggiati presentavano tracce di collisione.

Ma come ci si deve comportare nel malaugurato caso ci si imbattesse in un cetaceo spiaggiato, capodoglio o delfino che sia? Innanzitutto, spiegano gli esperti del Santuario Pelagos, non improvvisare: qualsiasi intervento sui mammiferi marini deve essere affidato a una struttura competente, composta da persone debitamente formate e consapevoli dei rischi sanitari e delle implicazioni scientifiche. Lungo le coste italiane bisogna chiamare immediatamente la Capitaneria di Porto interessata oppure il numero blu per l’emergenza in mare: 1530. È quanto mai necessario trasmettere informazioni corrette: dire se l’animale è morto o vivo, comunicare la specie di mammifero marino o fornire una sua descrizione, indicare il numero di esemplari spiaggiati e la loro posizione con la massima precisione (se possibile, usare il GPS). A seconda che l’animale spiaggiato sia morto o vivo, si corrono diversi pericoli e vanno presi i dovuti accorgimenti. Se l’animale è deceduto sarebbe meglio non toccarlo e non manipolarlo, anche se è in buone condizioni, onde evitare qualsiasi rischio di trasmissione di malattia.

Nel caso il cetaceo fosse vivo, assolutamente non manipolare l’animale per evitare di ferirlo, sembra assurdo doverlo ricordare ma è bene non salirci sopra, non dimenticare che un animale selvatico in difficoltà cercherà di difendersi (morsi, colpi, ecc.). Inoltre, evitare assembramenti, confusione e rumore che provocherebbero stress all’animale, e nemmeno tentare di rimetterlo in acqua senza l’aiuto degli esperti. Invece, se cisi vuol rendere utili, la cosa importante che si può fare è proteggere l’animale dall’essiccazione: coprirlo con un panno bagnato – facendo attenzione a non ostruire lo sfiatatoio che gli permette di respirare – scavare la sabbia sotto l’animale per facilitarne la respirazione ed evitare che muoia soffocato sotto il proprio peso. Infine, astenersi dai selfie. Se non altro per una questione di buona educazione.

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